(Melotov Records, 2014)
1. Destroy//Create
2. Misled
3. Paid in Full
4. Vegangelical
5. Holmes
6. Overstimulated
7. Cheap Punks
8. Hipler Youth
9. Savior Complexxx
10. Endless Failure
11. Blood
12. Dead Cops
13. Keep Sweet
14. Lifeless
15. Fillicide
16. Give up
Se volessimo prendere per buono l’aforisma internauta sovente condiviso dalle sedicenni frustrate su Facebook, secondo il quale, se ti odiano per quello che fai, allora sei il migliore, a maggior ragione, oggi, recensendo gli ACxDC, stiamo parlando di una delle band peso massimo della scena grind/powerviolence mondiale. Criticati sovente perché in possesso più di merch che di canzoni; vessati perché, a causa d’un gravissimo problema di salute dei figli del frontman Sergio Amalfitano, qualche gossiparo internauta aveva avuto l’impressione che la band volesse lucrare su queste tragedie private; odiati perché titolari di uno dei profili Tumblr più amati e cliccati dall’intera ‘scena’ (ma una volta i punx o presunti tali non stavano solo nei centri sociali??; n.d.R.), i Nostri si son sempre comportati da signori: battendosene il culo ed andandosene per la propria strada, noncuranti delle critiche più feroci – penso che, soprattutto nel mondo di internet, tutti sappiano come funzionano certi fenomeni viral: spesso un hater odia solo per seguire il gregge e, talora, nel mondo hardcore/grind/powerviolence, dare dei ‘venduti’ o dei ‘business-men travestiti da punkabbèstia’ agli ACxDC fa decisamente figo.
Ad inizio 2014, poi, a rincarare la dose, è arrivata la notizia del primo full length (dopo un ultimo EP, The Second Coming, targato 2013, in cui i Nostri rivoltavano come un calzino in salsa powerviolence quello che i Converge avevano iniziato a fare con Jane Doe), il quale, fin dai primi comunicati, si presentava come uno dei dischi più ultra-hyped della storia dell’hardcore più zozzamente underground, prima ancora che si sentisse una singola nota del disco stesso, Antichrist Demoncore: da un lato, quindi, l’entusiasmo senza ‘se’ e senza ‘ma’ di chi li ha sempre seguiti ed amati (ricordiamo che il quintetto di Los Angeles tira mazzate dal 2003), ben rimpinguato da un esercito di neofiti tumblr-corers; dall’altra, l’odio, anch’esso senza compromessi, degli haters di vecchia e nuova scuola, i quali, poi, prendevano come un facile assist per nuove ingiurie la firma del contratto della band con la Melotov Records (totalmente ignota a chi scrive, ho scoperto essere una delle indie-labels più simpatiche agli hipsters californiani e, per osmosi, statunitensi; n.d.R.), con conseguente pubblicità virale su Vice.com. In effetti, dal punto di vista attitudinale, la cosa poteva lasciare perplessi: vissuti d’autoproduzioni o in appoggio alle più classiche delle etichette underground powerviolence americane (Deep Six, Give Praise, To Live A Lie…), sempre a stretto contatto con la scena hardcore più verace (il loro batterista è, infatti, lo stesso degli storici Infest), ci si sarebbe aspettati dagli ACxDC qualcosa di più ‘allineato’, o, quantomeno, al sicuro, nel nido di quella ‘scena’ che li aveva visti crescere e migliorare. E, invece, come già detto, i Nostri son proprio specialisti nel battersene il culo e divertirsi facendo cosa sanno fare meglio: grind-violence irriverente, politicizzato, con messaggi di tolleranza nei confronti dell’omosessualità e vegan-friendly (valori, peraltro, condivisi dalla Melotov e dalle band in scuderia), da un lato; corrosivo, ironico, cafone ed irrispettoso verso ogni tipo di cliché (anche – e soprattutto – quelli in ambito hardcore/punk), dall’altro. Insomma, prendere un disco di una storica band grind-violence prodotto da una label che fa roba per e suonata da ragazzini magri, belli, con la pettinatura giusta e i pantaloni da pesca alle vongole, che suona esattamente come un disco di furioso grind-violence dovrebbe suonare è una delle vittorie più fuck the system dai tempi degli Exploited, uno dei cavalli di troia più geniali in ambito musicale degli ultimi anni. In barba a tutti gli haters, infatti, Antichrist Demoncore è veramente un gran bel disco di musica estrema e non vede cadere la band in nessun compromesso trendaiolo (e, giusto per cambiare di nuovo le regole e far quel che vogliono, i californiani hanno da poco annunciato che faranno uscire uno split tramite un’etichetta underground italiana: la Here&Now Records!; n.d.R.). Quindi, se avevate paura, dopo queste righe, potete tirare un sospiro di sollievo, cari hardcore-fans dell’hardcore.
Antichrist Demoncore deve la sua grandezza a songs scritte con varietà e gusto ed ad una produzione azzeccatissima, decisamente molto Nineties, calda, che colpisce allo stomaco, rendendo ciascun pezzo un vero e proprio pugno in faccia all’ascoltatore. Gli ingredienti sono sempre quelli: grind belluino, riffs azzeccati che fan muovere la testa, che pescano tanto dal post-core, quanto dal powerviolence, il tutto arricchito da una delle migliori performance vocali estreme di questo 2014; il frontman, il piccolo grande Sergio Amalfitano, alla solita doppia voce screamdisumanocomesenoncifosseundomani + growl à la Chris Barnes, questa volta condisce il tutto con una terza timbrica, delle hardcore vocals decisamente più canoniche (che non stonerebbero in una canzone dei Madball, per intenderci). In senso più lato, l’hardcore newyorkese ed i suoi breakdowns (dosatissimi, eh? Non stiam parlando degli Hatebreed!; n.d.R.), le marce thrashcore fra certi Anthrax e S.O.D., sono forse gli ingredienti nuovi che caratterizzano le canzoni del disco d’esordio degli ACxDC. Forse, rispetto a The Second Coming (onestamente, una delle robe più furenti degli ultimi anni), il tiro si abbassa leggermente, ma il tutto fa guadagnare corpo, grinta e forma alle canzoni del lotto, avvicinando non poco i cinque losangelini, in talune dinamiche, ad un’altra grande band powerviolence contemporanea, i Weekend Nachos (Relapse Records).
In generale, si passa dal powerviolence più duro e puro (“Hipler Youth”, “Savior Complexxx”, “Endless Failure”, “Keep Sweet” e, soprattutto, “Lifeless”, scheggia di neanche trenta secondi, molto vicina alle loro sonorità degli esordi), a fascinazioni canonicamente grindcore (“Destroy//Create”, roboante calcio d’inizio, in cui blasts e riffs abrasivi disorientano chi ascolta, coadiuvato da un Sergio Amalfitano più incazzato che mai; ma anche “Overstimulated”, che parrebbe strappata a forza da Scum!), fino a momenti delineatamente e tradizionalmente hardcore, ma sempre con lo spettro dei Siege e di trent’anni d’abuso sonoro pronti a stuprare il tutto (si pensi a “Vegangelical”, che, dopo ceffoni 100% PV, si permette una divagazione punk à la Exploited; o all’eccezionale “Dead Cops”, violentissima nelle parti veloci che intralciano l’andazzo cadenzato di una struttura figlia degli Earth Crisis, semmai si fossero fatti d’amfetamina): la ricchezza di Antichrist Demoncore è, dunque, il sapere fare di questo melange sonoro un unicum veramente godibile, in cui ciascuna scheggia impazzita scorre liscia, una dopo l’altra, ed è spesso difficile apprezzare una singola canzone, se decontestualizzata da quelle che confinano con essa. E’ il caso dell’avulsa “Fillicide”, la prima canzone nella storia degli ACxDC ad essere sorretta dall’inizio alla fine da un mid-tempo sì incalzante e teso… ma pur sempre mid-tempo, la quale quasi funge da breakdown alla precedente furiosissima “Lifeless”, per poi ipnoticamente perdersi nel doom e nello sludge-core della conclusiva “Give Up” – che, però, non ce la fa ad essere lenta fino alla fine ed esplode in uno dei blast più irruenti del disco, condito dalle solite vocals al vetriolo del buon Sergio.
In conclusione, uno degli album estremi più divertenti e validi dell’anno, senza obiezioni alcune. Che, magari, nel caso aveste ancora qualche remora, potrà entrare in sordina nel vostro giradischi (il vinile è sempre il formato ‘giusto’ per hardcore e compagnia, no?; n.d.R.), ma che, difficilmente, riuscirà a fuggire per lasciar posto a qualche altro 12”.
8.0