(Dead Heroes Records, Bones Brigade Records, 2015)
1. The Outsider
2. Down and Out
3. Swirl Night
4. Pog Till You Drop
5. War on the Poor
6. Too Late
7. Bottling Up
8. Till the End
9. Lidney
10. Grindcorpse
11. The Monster
12. Grind Is Music
13. Drain the Dregs
14. Shut Up
15. Booglechrist
16. Children of the Grain
Se è vero che, terminata l’avventura degli Insect Warfare, a livello globale, negli ultimi sette-otto anni, la branca più underground di certo grind/powerviolence/fastcore sembra avere acquisito più visibilità, sono comunque poche le band che possono vantare, in tempi moderni, lo stesso alone di culto ed il seguito degli inglesi The Afternoon Gentlemen. Quintetto di Leeds attivo fin dal 2007, i Nostri si sono mossi facendo la gavetta tipica delle band di tradizione hardcore: un’infinità di 7” e split su vinile, nonché show dal vivo divertenti e convincenti li hanno portati in un crescendo virtuoso a fare diversi tour, fra Vecchio e Nuovo Continente (gli yankees hanno avuto la fortuna di vederli a supporto di certi Weekend Nachos qualche anno fa, non so se mi spiego!; n.d.R.), inserendoli nel gotha di quelle band underground che merita decisamente seguire – tanto più che certo grindcore made in Europe, tolti i nomi noti ai più, non è facile che decolli, fisicamente e metaforicamente, negli U.S.A.
Era però dal 2012, con Power Jogger Pogger Violence, che I Pomeridiani Gentiluomini non davano più loro notizie, almeno su un certo minutaggio (i cinque minuti scarsi di Grind in Mind dello scorso anno qualcuno li ricorda?; n.d.R.): il 2015, dunque, è (stato) senz’altro il loro anno, in quanto, non solo il nuovo omonimo disco segna un atteso ritorno, bensì trattasi del primo LP della carriera dei grinders di Leeds (in elegante e rigoroso formato 12”, grazie all’aiuto dell’onnipresente Dead Heroes Records e della Bones Brigade), da un lato, un significativo coronamento di onorata carriera underground, dall’altra, la conferma che sarebbe riduttivo, oggi come oggi, considerarli dei semplici ‘emergenti’. Non a caso, la prestigiosa rivista specializzata inglese Terrorizer se n’è accorta e li ha decisamente spinti e promossi: quindi, noi spavaldi meschini della crew di Grind on the Road potevamo essere da meno? Signore e Signori, benvenuti alla recensione di The Afternoon Gentlemen dei The Afternoon Gentlemen.
Il nuovo disco è semplicemente una bomba. Potrebbe finire tutto qua: se siete fans del genere e conoscete bene la band, l’acquisto del prodotto è praticamente un must; nel caso, invece, voleste saperne di più o v’avvicinaste per la prima volta a questo monicker, m’auguro giovi il parere di chi sta scrivendo. Da cima a fondo, questo nuovo 12” è sostanzialmente infestato dal fantasma degli Spazz, nelle numerose ripartenze, stop’n’goes, alternanze di blastbeats che entrano a gamba tesa quando ci s’aspetterebbe un tempo groovy (e i grooves, dosati e di gusto, ovviamente non mancano) o dritto, nonché nelle soluzioni vocali variegate (nella band cantano pressoché tutti, ma lo stesso frontman Rich è sempre poliedrico nella scelta delle timbriche, alle quali aggiunge un predator di ‘malignancyana’ memoria che appare su “The Monster”, una delle tracks più belle del lotto, peraltro!), che partono dalla classica antinomia di casa Insect Warfare, superguttural vs screams, per toccare soluzioni che non stonerebbero in certo thrashcore anni ’80 o nel powerviolence più ciccione dei primi anni ’90. Musicalmente The Afternoon Gentlemen è un disco ricco, denso di colore, sempre sul filo del rasoio, grazie a grintosi cambi di tempo e una genialità compositiva in grado di essere giusto compromesso fra prevedibilità (e.g.: “ecco, ora il pezzo, per essere perfetto, avrebbe esattamente bisogno della X soluzione”) e imprevedibilità (e.g.: “oddio, questi sono pazzi!! Cosa han messo in questa parte della canzone!!?”). Unico neo: la produzione delle chitarre; è innegabile che suonino bene, ma le avrei preferite più grosse e grasse piuttosto che graffianti.
Nel complesso, è davvero difficile trovare una song che emerga sull’altra: anche la conclusiva “Children of the Grain”, che parte con un vago retrogusto di filler e già sentito, esplode con un finale a sorpresa in cui melodie darkwave vanno a braccetto coi Botch; pezzi come “War on the Poor”, l’eccelsa “Grindcorpse” (titolo banalissimo: chi lo nega? Ma provate a sentirvela!; n.d.R.) o l’iniziale “The Outsider” hanno pressoché tutto quello che possa piacere ad un amante del grinding-violence, fra ripartenze, tupa-tupa, blast e rallentamenti dal vago sapore sludgy. C’è pure spazio per una piccola chicca come “Grind is Music”, le cui lyrics sono sufficientemente criptiche da dare ceffoni morali tanto ad eventuali neofiti che s’avvicinino (schifati) ad uno dei generi più estremi, quanto agli oltranzisti difensori del tradizionale motto “chaos not music”.
Senza dubbio la migliore uscita dell’anno in ambito grindcore/powerviolence. Welcome back, dudes!
8.0