(Suicide Records / Give Praise Records, 2013)
1. Like Embers
2. The King of Thieves
3. The Antagonist
4. Black Rain
5. At First Light
6. Red Eyes
7. Cold Cycle
8. A Rite of Passage
Provenienti dalla Svezia, nati e cresciuti respirando a pieni polmoni l’aria di Gothenburg, loro città di origine e patria di tanto death metal melodico, gli Age of Woe pubblicano nel 2013 Inhumanform, primo full-length album e oggetto di questa recensione. Più recentemente, l’anno scorso, è uscito uno split con i 100 Years; parliamo comunque di una band relativamente giovane.
Il quintetto in questione è uno di quei gruppi che hanno preso il death metal scandinavo vecchia scuola con l’intento di dargli una rinfrescata, aggiungendo una buona dose di hardcore e ammodernando le strutture e le melodie per cercare di essere al passo con i tempi. A dispetto degli standard odierni, secondo i quali o si va velocissimi o si va lentissimi, gli Age of Woe non puntano molto sulla velocità, ma si adagiano in un mid-tempo praticamente perenne, senza uscire molto dal seminato, facendo tesoro delle lezioni di band come Entombed, Dissection e Dismember, magari lanciandosi in qualche cavalcata minacciosa nel puro stile delle leggende sopracitate ma niente di più. Sono le incursioni melodiche la parte migliore di questo lavoro, quella in cui si sente la vera personalità del gruppo, che è comunque legata a doppio filo a band come Dark Tranquillity e In Flames: la provenienza dei suoi autori è la vera maledizione che affligge Inhumanform, che ascolto dopo ascolto sembra un collage abbastanza spudorato di influenze. La stessa produzione lascia molto a desiderare: è sporca, le chitarre hanno un suono abbastanza fastidioso che manca di potenza, non riescono ad uscire, si sentono poco e male, ma la cosa peggiore è che in qualche momento, soprattutto nelle prime canzoni, il basso sommerge praticamente tutti gli altri strumenti, impastando in maniera significativa il suono generale.
In definitiva Inhumanform ha molti difetti e pochi punti di forza. Sarebbe potuto risultare molto più gustoso, meno sporco e caotico con un lavoro in studio migliore, che avrebbe fatto risaltare i buoni momenti a discapito di quelli peggiori; ma così non è. Anche la mediocrità stilistica purtroppo pesa e gli Age of Woe ne hanno di strada da fare per eliminare questo grosso difetto. Probabilmente hanno anche il tempo e le possibilità per rifarsi: non sempre il primo disco è il migliore.
5.5