1. The Bitter End
2. Alpha Omega
3. These Colours Don’t Run
4. Daybreak
5. Truth, Be Told
6. Even If You Win, You’re Still a Rat
7. Outsider Heart
8. Behind the Throne
9. Devil’s Island
10. Feather Of Lead
11. Unbeliever
Century Media licenzia il quinto e nuovo album degli inglesi Architects, tra i paladini della nuova ondata metal/hardcore che tanto sta facendo scalpore negli ultimi tempi. La band capitanata da Sam Carter ha sempre fatto parlare di se sin dagli esordi, fino a scrivere l’ottimo Hollow Crown, che li ha portati alla ribalta mondiale permettendo al combo di Brighton di girare il mondo in lungo e in largo e di partecipare ai festival più importanti in circolazione di spalla a band come Suicide Silence, Parkway Drive e Unearth solo per nominarne alcuni. Dopo un tira e molla che ha visto il bassista “storico” Alex Dean uscire dalla band a Febbraio per poi ritornare solo qualche mese dopo nel 2011, la band dà alle stampe Daybreaker, prodotto tra gli altri da John Mitchell, che ha lavorato precedentemente con You Me at Six, Enter Shikari e The Blackout.
Daybreaker è un disco moderno, prodotto egregiamente e che ha tutte le carte in regola per guadagnarsi un posto tra le migliori uscite metal del 2012: il sound dissonante e cadenzato che aveva caratterizzato l’ottimo Hollow Crown ritorna presente in maniera massiccia in episodi come “Even If you win You’re still a Rat” (in collaborazione con Oly Skies dei Bring Me The Horizon che ha ricambiato il favore agli Architects dopo che il frontman Sam Carter aveva cantato su “The Sadness Never Ends” dei tanto odiati ragazzi dello Yorkshire) e del singolo “These Colours Don’t Run” (il cui refrain è totalmente debitore nelle intenzioni alla vena socio-politica dei testi di Zack De La Rocha). In pezzi come “Alpha Omega” invece le dissonanze (comunque presenti) vengono soprafatte da un lavoro di arrangiamento melodico davvero molto puntiglioso che ci lascia intendere come nessuna cosa sia stata lasciata al caso, strutture incastrate à la The Dillinger Escape Plan si uniscono a passaggi cantati figli dei primi Killswitch Engage. “The Bitter End” (posta come opener) è un pezzo che porta l’ascoltatore al momento in cui preme “play” su lidi rilassati e sognanti, con un lavoro di sampling riproposto ormai in ogni album (come già nei due precedenti album con “Hollow Crown” e “A Letter to Myself”) per poi arrivare diretti ma non troppo alla già citata “Alpha Omega”.
Le collaborazioni non si sprecano e oltre ad Oliver Skyes i nostri si fanno forti della collaborazione di John Green dei Deez Nuts su “These Colours Don’t Run” e Drew York degli Stray From The Path su “Outsider Heart”, segno che gli Architects godono di molto rispetto anche tra i loro colleghi oltre che tra i tanti loro fan ed ascoltatori (occasionali e non).
Per concludere, Daybreaker è la via di mezzo ideale tra un lavoro tirato come Hollow Crown e uno più maturo e rock (se di rock si può parlare) come il precedente The Here and Now: gli Architects con questo disco non hanno fatto un buco nell’acqua ma hanno confermato quanto siano ormai un punto di riferimento per il metal/hardcore odierno, riuscendo a riproporre e reinterpretare, senza far storcere il naso a nessuno, una formula già ampiamente utilizzata e collaudata da loro stessi.
7.5