Il progetto di Tim Lambesis (As I Lay Dying) è interessante per diversi punti, che forse sfuggono ad un primo, affrettato e superficiale ascolto. Definito dal lui stesso come uno “sfogo di puro testosterone e stupidità”, forse si può intravedere qualcosa di più in tutto ciò. Va subito detto, tuttavia, che un disco del genere difficilmente può suscitare appeal in una società che non sia quella americana, cresciuta seguendo le gesta di Schwarzenegger, rappresentate da un certo punto di vista del vero sogno americano (l’immigrato che ce l’ha fatta, si è integrato ed ha avuto il successo che sperava). Il disco, seguendo le orme dell’album di debutto, si sviluppa seguendo la logica di veri e propri brani alternati a skits, ossia dialoghi che, inscenando presunti scambi di battute fra i musicisti e Schwarzenegger stesso, sono volti a prendere in giro gli stereotipi degli action movies e del carattere nostro austriaco-americano. Si fa spesso (e volentieri) riferimento alla sua attitudine forzatamente true e alle sue pose da costante macchina da distruzione, che hanno contribuito a fare di lui il personaggio che è e, certamente, hanno influenzato le elezioni per il posto di Governatore della California.
Dal punto di vista musicale, i richiami con la tradizione metal-core sono forti e l’influenza degli stessi As I Lay Dying si sente, anche se di tanto in tanto la componente hardcore si sviluppa in maniera preponderante e pare di ascoltare una versione modernizzata, riveduta e corretta di gruppi come gli Agnostic Front. Agnostic Front che, peraltro, sono fra i gruppi coverizzati nel corso dell’album: sì, perché nel corso del (forse troppo) lungo disco si dà spazio a ben sette cover che passano anche per Metallica, Megadeth, Misfits, Motorhead e Judas Priest. Una scelta che, se da un lato è curiosa ed indubbiamente attraente, contribuisce ad allungare a dismisura il minutaggio: scelta pericolosa in questi tempi di usa-e-getta musicale. Di fronte a titoli come “Who Told You You Could Eat My Cookies?”, d’altra parte, è bene capire la natura ironica e volutamente demenziale del prodotto, e farsi una risata (se se ne capiscono i testi). I riferimenti tanto a ”Terminator”, quanto a ”Conan il Barbaro” (e addirittura a “Kindergarten Cop”, arrivato in Italia come “Un Poliziotto alle Elementari”!!) si sprecano, e talvolta fa sorridere la dose di ignoranza (in senso benevolo) concentrata nello spazio dei due dischi.
In definitiva, quindi, un prodotto che contribuisce a sdrammatizzare la situazione di una scena metal-core che, talvolta troppo forzatamente, si relaziona al suo pubblico con atteggiamenti fin troppo seriosi, finanche da primadonna. E forse è proprio questo il pregio di un progetto del genere: sviare l’attenzione del pubblico dalle frange dei musicisti, e riportarla sui frangenti della pura musica e del divertimento ad essa connesso. L’unico peccato ipotizzabile, come già detto, è che la ricezione di un album del genere possa essere un vantaggio esclusivo del popolo anglofono a causa della barriera sia linguistica che di riferimenti culturali che esso contiene. Peccato, appunto, data la bontà di alcune sue parti.
Voto: 7