(Metal Blade, 2012)
01. An Old Friend
02. Anxiety Puke / Lovelessness
03. Last and First Things
04. Blood Music
05. Clozapine Dream
06. Finally Asleep
Una breve intro a due chitarre che è un intervento a gamba tesa sull’hard rock anni ‘70 (con tanto di vago retrogusto epico); una voce scartavetrata e un incedere ritmico che richiamano sia i Motorhead che gli High On Fire, ma che non graffiano come gli originali (“An Old Friend”); rallentamenti cupi e improvvisi come acquazzoni preceduti da inspiegabili parti più veloci (“Anxiety Puke”); qua e là qualche rimando sempre ben accetto ai Cable e ai Cavity (“Clozapine Dream”, il brano più corto), e per il resto tanta carne buttata al fuoco, ma carne un po’ vecchiotta che al contrario di un buon roast-beef fa tanto fumo e sa ben poco d’arrosto.
Queste sono le impressioni che trasmettono i canadesi Bison B.C., e il disco in questione è Lovelessness, il loro quarto. Ascoltandolo attentamente il disco non suona male, anzi. Ma agli addetti ai lavori pare di trovarsi di fronte ad un evidente side-effect di quella profezia che prima o poi si sarebbe avverata: se da qualche anno infatti sembra che lo stoner/sludge (quello più temperato stile Baroness o ultimi Kylesa) stia spopolando tra i giovani alternativi quasi come un tempo aveva spopolato il grunge, era più che plausibile aspettarsi una serie di band pronta a saltar sul carrozzone dei vincenti e sfruttare l’occasione propizia per sfondare. Sembrano provarci pure i Bison B.C., che son comunque bravi a far il loro mestiere, su questo non ci piove, ma che su Lovelessness si rivelano un tantino più prolissi e meno incisivi rispetto ai precedenti album Dark Ages e Quiet Earth, e sì finiscono con lo sfondare, di sicuro i timpani e le casse dello stereo, ma a lungo andare anche qualcos’altro.
A volte la predisposizione naturale per i riff tellurici di derivazione sabbathiana-e-chi-più-ne-ha-più-ne-metta e la scelta di suoni vintage non bastano per fare un buon disco e salvare capra e cavoli. Ci son già cascati i Sunn O))), e si è sentito qualche scricchiolio pure negli ultimi dischi dei Black Cobra e dei già citati Kylesa. In quest’ottica i Bison B.C. galleggiano in un limbo che come quello dantesco raccoglie chi per sfighe varie si è trovato pizzicato a metà tra i grandi peccatori e i santi immacolati, e che pare in bilico tra una lenta salita in ascensore verso i piani più alti e il fragoroso turbinio dello sciacquone. Lovelessness è comunque un album onesto per chi s’è perso gli ultimi 15 anni della scena sludge e stoner internazionale e ha bisogno di un bignami di seconda mano per recuperare le insufficienze, o per chi semplicemente si accontenta di riesumare un protagonista indiscusso del rock: Sua Maestà il Riff. Purché sia lento, ultra-distorto e vagamente alienante, ça va sans dire.
6.0