(Coroner Records, 2011)
1. Sirius VI
2. Forever Free
3. Stargazer
4. S.O.P.H.I.A.
5. Unlimited Alchemist
6. Electricity
7. Eternal
8. Moon Light Wave
9. Dedicated to Violator
10. Merry-Go-Round
11. LA+
12. Sai-Ka-No
13. Royal Sky (Exclusive Digipak Bonus Track)
Il quinto album dei nipponici Blood Stain Child arriva a ben quattro anni di distanza dal precedente Mozaiq. Il periodo di stacco, tuttavia, non ha determinato l’inattività della band giapponese che, fra il 2008 e il 2010, ha registrato ben cinque EP e preso parte all’interessante progetto Princess Ghibli, coordinato dalla Coroner Records e già recensito su queste stesse pagine. Anche in questo caso continua la collaborazione tutta italo-giapponese fra la band e l’etichetta torinese creata non più di due anni fa da Ettore Rigotti, mastermind dietro ai Disarmonia Mundi.
Sono da registrare alcuni cambiamenti di line-up, fra i quali l’abbandono del batterista, Violator, presente sin dagli inizi dell’avventura, nonché la dipartita del più recente vocalist Sadew, durato giusto lo spazio di un album. A questi si aggiunge l’entrata nel settembre 2010 di Sophia, cantante di provenienza greca che si ambienta subito bene e dimostra linee melodiche sicure e convincenti. Contemporaneamente, pur non andando a modificare nella sua sostanziale miscela di trance e chitarre pesanti il genere proposto, è evidente sin da subito un maggior utilizzo del cantato in screaming dell’altro vocalist, Ryo. L’idea di battere il ferro finché è caldo, anche sulla scia del successo di band quali Enter Shikari, è legittima e non per questo provoca aspettative disattese. Anzi, il passaggio alla produzione del succitato Rigotti (qui anche in veste di ospite su “Forever Free” e “Moonlight Wave”) non fa poi rimpiangere un mostro sacro come Tue Madsen (già al lavoro con Dir en grey, Dark Tranquillity e gli italianissimi Figure of Six), produttore dei due album precedenti. I vari brani sono costruiti in maniera molto ben ragionata e solida, e le ambizioni spiccatamente radio friendly del combo nipponico sono rese chiare sin dall’introduttiva “Sirius VI”. Questo non significa che non venga dato spazio all’aggressività (“S.O.P.H.I.A.”), ma l’impronta commerciale e il gusto per una produzione sempre pulita e precisa rimangono in primissimo piano durante tutta la durata del disco.
Ideale per chi, aperto di mente, ha apprezzato realtà italiane come gli Helia ed è quindi desideroso di sperimentare altri ibridi di crossover fra death metal melodico e J-pop, per tutti gli altri rimane un prodotto fondamentalmente trascurabile.
7