Quest’anno né la primavera, né, a quanto parrebbe, l’estate hanno voluto farci visita: ciononostante, sabato 1 giugno, il meteo ballerino da autunno-inverno sempiterno, ha preferito prendersi una pausa, dimostrandosi clemente con l’Evento grindcore & affini che, da un po’ di tempo, infesta il Piemonte. Da qualche anno presente in alcuni dei più attivi centri sociali dell’Arco Alpino Nord-Ovest, il Bloody Beast Fest, sapientemente organizzato dalla label D.I.Y. Distrozione, da circa un paio d’anni pare essersi trasferito stabilmente a Torino: nella quarta ed ultima edizione, il locale ospite è stato il CSA Asilo Occupato, uno degli squat focali del capoluogo piemontese, a rischio sgombero fin a qualche anno fa, ma sempre e comunque sulla breccia.
Un festival con a cuore, nei suoi intenti, l’underground più zozzo, ma tutt’altro che trascurabile, del Bel Paese, capace di coinvolgere talora anche band estere (Clitgore, Yattai ed altri), senza, comunque, dimenticare di valorizzare il territorio pedemontano ed italico.
Nove band, nella serata del primo giugno, a partire dalle 22,30 (!!) si sono lanciate in una maratona di anti-musica durata fin all’alba, l’ora dei trve believers, dei morti viventi, dei marcioni inossidabili e dei nerd (ogni allusione al sottoscritto è assolutamente voluta) presi bene da certa musica e dalla voglia di fare un bel report.
Ecco, dunque, la mia esperienza dell’ultimo sabato sera, in un’atmosfera scaldata da birre, ‘sigarette simpatiche’, cani ed un centinaio abbondante di punkabbestia urlanti e poganti – eh, sì, perché, nell’ambito hardcore/D.I.Y., per quanto domini la tendenza a fare esageratamente tardi, l’entusiasmo, il sostegno e la partecipazione del pubblico non vengono davvero mai a mancare, anche in magri tempi di crisi. Enjoy!
Ab-Horigeni
Ad aprire le danze dell’evento, una band torinese della quale non avevo mai sentito parlare (sfido: come scopro appena dopo lo show, si sono formati da un mese abbondante!). Subito noto, però, che il chitarrista è quel Luca Zanette fondatore di gruppi come Tsunami e di quei Cibo prima maniera, più grind’n’roll-oriented, e subito, spontaneo, mi nasce il sorriso sulle labbra. Con grande sorpresa, la classica formazione strumentale di tradizione rock – batteria, basso, chitarra – è completata da ben tre (!!) vocalists, di cui uno (una!) è una signorina che sbraita come una forsennata, in pieno stile vecchi D.R.I. Ai due maschietti dietro il microfono il compito di sostenere il tutto con vocals ora in piena tradizione hardcore, ora con inserti growl-scream: un marasma fastcore in piena derivazione Discharge/No Comment/Infest; tupa-tupa, radi grooves, blastbeats, canzoni di poche manciate di secondi; niente di nuovo sotto il sole, ma una grinta ed un entusiasmo che hanno rotto il ghiaccio coi presenti, fin dal primo momento presi benissimo. Esaltato dalla performance dal vivo, aspetto un’uscita discografica per ulteriori giudizi. Ignoranza e badilate: basta poco, checcevò?, diceva Giobbe Covatta… Bravi!
Kazamate
Di questi signori, provenienti da Bergamo, avevo sentito girare il nome da qualche anno, su qualche flyer recuperato on line ed in giro per il mondo. Grazie alla kvlt fanzine cartacea Flagello (R.I.P.), avevo anche appreso che i Nostri, qualche anno fa, hanno fatto un tour in Indonesia (!): insomma, di inputs per essere sufficientemente curioso per vedermeli dal vivo ne avevo… e non hanno deluso! Ad alzare le media delle quote rosa (non sarà, comunque, l’ultima madamigella ad apparire sul palco nel lotto della nottata) nell’ambito della scena estrema made in Italy, ci ha pensato la cantante, capace di urla sporche in piena tradizione Crisis, sorretta da una struttura chitarra-batteria rodata e radicata in un hardcore spinto, sparato e grezzo che, talora, strizza l’occhio a certo grind. Interessanti e coinvolgenti.
Conviction
Anni or sono (2004?), in un pub del Cuneese durato, forse, non più di due mesi e sapientemente stuprato da band estreme locali e non, avevo già visto questo quartetto grindcore da Pavia: ad occhio, malgrado i segni di ‘crescita’ – qualche pancetta, qualche tatuaggio in più e i dreadlocks del frontman più lunghi –, in attesa d’essere smentito, la line up m’è parsa quasi la stessa, così come la grinta e la solidità della proposta: un grind decisamente metallizzato, con un riffing che, talora, m’è parso pescare dai Pantera di Vulgar Display of Power e Far Beyond Driven, specie nelle parti più lente e groovy. Impatto ottimo e buone capacità tecniche hanno portato i presenti ad intensificare il pogo. La coverona “Kill Your Mother – Rape Your Dog” (spero sappiate chi siano gli autori di questo gioiellino ‘brutal-demenziale’…), in chiusura, svolta assieme a Riki, frontman dei modenesi Grumo, ha decisamente portato sugli scudi l’act lombardo come una delle band più divertenti della serata.
La Gorgia
Dopo ceffoni a base di blast e riff grandi come un condominio, è venuto il momento di un quartetto torinese che, ahimè, anche in questo caso ignoravo: a quanto pare, però, la stessa cosa non si è potuta dire dei presenti, i quali si sono letteralmente accalcati attorno ai La Gorgia con una calore ed una voglia di fare casino decisamente sopra le righe. L’entusiasmo ‘punkabbestiàro’ generale m’ha incuriosito e ho cercato di godermi lo show. Per l’appunto, ho cercato. Malgrado l’affetto e il sostegno dei presenti, la band non m’ha detto molto: HCxTO/ma-quanto-mi-piacciono-Crunch-Arturo-e-Negazione in pieno stile ‘vorrei ma non posso’… Una proposta decisamente derivativa, piuttosto clichettata nei temi e con un sound sentito tante volte, ma eseguito con attitudine più viva e migliori perizie: senza l’intento d’offendere nessuno (io stesso amo frequentare certi ambienti), m’è proprio parso il ‘classico’ gruppo punk/hardcore da CSA…
Zeit Geist
Non è una novità il fatto che adori quello che, per me, è uno dei gruppi grindcore più furenti e con un impatto live devastante attivi in Italia (e, a quanto pare, non sono il solo a pensarla così): il loro album omonimo è ancora nella mia heavy rotation dal 2011 e, appena suonano, faccio sempre il possibile per godermeli. L’avevo già fatto notare nel report del loro concerto dei MindSnare di qualche mese fa e, dopo l’1 giugno, ribadisco tutto: basterebbe fare, infatti, un copia/incolla di quel report passato per averne uno fresco fresco, dell’ultima serata. Stavolta, però, con un pubblico più nelle loro corde – quello più –core oriented – a sostenerli: pogo massacrante, con tanto di gente che, in più frangenti, è letteralmente crollata sugli strumentisti, costringendo la band a qualche indesiderata pausa extra. Pollici su!
Han Solo
Trio powerviolence da Milano, più d’un amico, conoscendo i miei gusti, me li aveva consigliati. Benché fossi arrivato al loro live ignorante in materia, senza aver mai sentito nessuna canzone nemmeno on line (shame on me!), mi sono approcciato al loro live con un certo entusiasmo e curiosità. Anche qua, ad alzare le quote rosa dell’hardcore italiano, una ragazza, la bassista, in formazione; voci in scream affidate al batterista e il classico ‘Gabibbo-powerviolence’ di scuola Spazz affidato al chitarrista. Purtroppo, però, i milanesi sono stati funestati da suoni troppo confusi: solo il basso usciva limpidamente, senza perdere un colpo; purtroppo la chitarra e la batteria erano confuse e la voce del drummer quasi inudibile… Spero di poterli risentire in condizioni migliori.
Grumo
Già recensiti positivamente sulle nostre pagine virtuali, forti d’un passato (neanche troppo remoto) noisecore à la Anal Cunt ed una parentesi, a mio parere, non troppo convincente, goregrind, con l’ultimo disco Voglio Vederti Sprofondare, pare che il quartetto di Modena abbia trovato la propria identità: un grindcore onestissimo che strizza l’occhio al proto-death metal (Jungle Rot?) ed al punk/hardcore, per un risultato sonoro non troppo distante da quello dei Cripple Bastards del mitico Misantropo A Senso Unico. Anche in questo caso, nulla di nuovo, ma attitudine e coinvolgimento live – complice anche il carisma del simpatico e versatile, nella sua ottima alternanza fra growl e scream, frontman Riki, protagonista di non pochi siparietti con uno dei devastati di turno che s’ostinava a dimostrare il suo ebbro affetto – a livelli stellari, per una delle performance che più m’hanno divertito nel corso della serata. Bravi: da (ri)scoprire!
xKatexMoshx
Da Roma con furore: purtroppo alla band più lontana della bill è toccato l’onere (e l’onore?) di suonare quando le 3 del mattino erano passate già da un pezzo. Il pubblico che aveva affollato il Bloody Beast fino ad un’ora e mezza prima, infatti, sembrava essersi allontanato e solamente gli occupanti e alcuni rimasti (nel senso non solo letterale, ma anche metaforico…) erano restati di fronte a loro. Ciononostante, la band ha sfoderato, con attitudine e cinismo, la propria grinta, prendendo a ceffoni fastcore i presenti. Powerviolence più anni Novanta che mai, fra tupa-tupa, riff ora thrashy, ora punkeggianti, blasts e vocals al vetriolo: probabilmente una delle band estreme più convincenti e vitali dello Stivale (e lo dimostra la loro costante crescita, fra tour all’estero ed uscite discografiche), forti d’una proposta musicale vincente ed una voglia di sbattersi a livelli ultra-underground fuori dal comune. Per l’occasione, mi sono procurato il loro split su vinile coi francesi Fatal Nunchaku, al secolo, gli Spazz d’Oltralpe. E ho detto tutto: come direbbe qualcuno, ‘abbiatelo’, e, se potete, supportate questi romani, giacché ne sanno parecchio, complice anche un approccio semplice ed amichevole con pressoché tutti i presenti.
My Own Voice
Quasi tutti gli appassionati di hardcore che conosco m’hanno sempre parlato un gran bene di questo gruppo milanese; ciononostante, non sono mai riuscito a procurarmi nulla e, non avendo mai visto troppe loro pubblicità di loro live – forse son semplicemente disinformato io… – credevo fossero una sorta di leggenda metropolitana… e, duole dirlo, la band non me ne voglia, ma, nel mio immaginario personale, tali continueranno ad essere: dopo un centinaio di km per raggiungere in auto Torino e più di sei ore notturne fra birra ed atmosfera decadentemente allegra, con in vista una domenica, ahimè, piuttosto ricca d’impegni, mi sentivo più uno zombie che un die-hard-hc-fan…
Malgrado tutto, non c’è che da complimentarsi con tutte le band e con Distrozione, capace d’unire, ancora una volta in una regione come il Piemonte, da un lato ‘morta’, o quasi, per quanto riguarda eventi ‘di livello’, ma così sulla bocca di tutti per certe band (Cripple Bastards, Putridity, Septycal Gorge, Zeit Geist, Tons…), la crema del marciume che tanto amiamo. Al prossimo Bloody Beast Fest!