(Tankcrimes Records, 2014)
1. The Inhalation Plague (Cannabis Corpse)
2. Shatter Their Bongs (Cannabis Corpse)
3. Inner Sanctum (Ghoul)
4. Spill Your Guts (Ghoul)
Cosa succede quando una ‘superband’ (o presunta tale), in un delirio d’onnipotenza, rivolgendosi alla Casa Produttrice Madre, decide di fare uno split-cd con una band di culto con cui da qualche tempo è compagna di label? Ovvio, la Casa Produttrice Madre dice: “Ma vi faccio uscire anche il 12” in vinile, che diamine!”
Ora, caro lettore, mon semblable, mon frère, sostituisci all’espressione “una ‘superband’ (o presunta tale)” le parole “Cannabis Corpse”, a “Casa Produttrice Madre”, “Tankcrimes Records, la stessa che produce i Municipal Waste, da cui proviene il bassista dei Cannabis Corpse stessi”, e, infine, a “una band di culto con cui da qualche tempo è compagna di label”, il termine “Ghoul” ed avrai un perfetto ritratto della situazione extra-musicale del dischetto che m’accingo a recensire.
Dei Cannabis Corpse sapevo l’esistenza fin dal primo Blunted at Birth (2006): divertenti, scanzonati, con un naturale gusto per la parodia e per il gioco di parole, nello storpiare, fin dal moniker, i ‘titoloni’ di songs e album storici dei ben più noti Cannibal Corpse. Sapevo anche che brillavano per essere un dignitoso plagio, ai limiti della cover band, delle sonorità anni Novanta della band di Fisher & Co. Mai, però, avevo sentito con attenzione qualcosa di loro per più di, credo, un minuto-un minuto e mezzo. A distanza di otto anni dalla prima volta in cui udii qualche spezzone di song qua e là, posso dire che quanto appena scritto corrisponde a quanto è la band tuttora. Con un “che palle!” in più, aggiungerei. Va bene l’ironia, il gusto per il gap e i giochini di parole, va bene suonarsela con decoro, con un riffa e raffa di riffs fra The Bleeding, Gallery of Suicide e Bloodthirst, però, dopo tutti questi anni in cui la formula si ripete, tendo a sentire di più l’odore di presa per il fondoschiena che olezzo di santa coerenza: già mi vedo, infatti, il metallino pivello fan d’ultim’ora dei comunque ottimi Municipal Waste accaparrarsi (o scaricarsi, va’, ché son più realistico) il disco in questione, aspettandosi i miracoli e prendendosi bene di fronte a growloni post-fisheriani, lenti con melodie morbose, tupa-tupa, scale con le classiche melodie ‘tetre’ à la “Staring Through The Eyes Of The Dead”, trite e ritrite oramai da decenni… Caro metal-bimbominkia, a te dedico la seconda parte dello split.
Meno male, infatti, che i Ghoul, pur senza far miracoli – siamo ben lontani dai fasti di Splatterthrash (altro gioco di parole, considerando il titolo dello split, Splatterhash!) – alzano la media facendo il loro sporco lavoro: prima, lanciandosi in un’inattesa suite di cinque minuti buoni in cui fra horror-grind di scuola Impetigo e il loro classico mix fra Carcass prima maniera e thrashcore flirtano con melodie crust ed un assolo che – forse sono pazzo io – m’ha riportato alla mente certi Atheist, il tutto corredato dai classici incroci di voce; poi, con un bel pezzo sparato dal sapore hardcore, in cui, comunque, sono i Ghoul che fanno esattamente quello che ci s’aspetterebbe da un’onestissima canzone dei Ghoul.
Al termine del tutto, molto probabilmente, il nostro ipotetico metallozzo coi denti da latte cestinerà gli mp3, ma almeno potrà spacciarsela con gli amici, perché s’è sentito uno split fra due band underground ‘di culto’.
E per chi, come me, già è vecchietto? Se siete supercollezionisti sfegatati, una ragione per accaparrarvi questo lavoretto e fare felici i signori della Tankcrimes, prima o poi, la troverete; in caso contrario, una scaricata on line con relativo ascolto veloce e viaggio finale nel cestino sul vostro desktop non vi farà certo male.
Per quanto i Ghoul sollevino le sorti, Splatterash resta uno split mediocre.
6.0