(Memorial Records, 2014)
1. Abyssus Abyssum Invocat
2. Doomsday
3. Fall Of The Human Ratio
4. The Right Of Oblivion
5. God Over Human Ruins
6. A Sysyphus Drama
7. Lord Of Drones
8. Silent Enim Leges Inter Arma pt.1 (A Simulacrum Of Humanity)
9. Silent Enim Leges Inter Arma pt.2 (Resignation)
10. Silent Enim Leges Inter Arma pt.3 (The Gift Of Anomie)
A tre anni dalla loro ultima fatica tornano gli italiani Carnality, autori di quell’omonimo disco che nel 2011 fece ben pensare nei riguardi della salute del brutal death italiano, un disco pesante, grintoso e più che godibile. Ora i ragazzi da Rimini ci riprovano con un concept album fantascientifico dalle chiare tinte distopiche (il titolo è già un programma), descrivendoci un futuro che avrebbe fatto invidia ad una certa Lois Lowry (l’autrice di The Giver), composto da una società in cui emozioni, sentimenti e relazioni interpersonali non sono minimamente concesse né richieste e dove le modificazioni eugenetiche e le nanotecnologie sono consuetudini.
Il concetto alla base delle lyrics di Dystopia viene esteso alle musiche stesse con l’intento di fornirci una musica pregna di “atmosfere apocalittiche ed oppressive che saranno le nostre eterne compagne durante tutto l’ascolto”, così come descrittoci dagli stessi. Il sound è completamente diverso da quello proposto nel primo full-length della band, più secco, freddo e veloce. Le dinamiche dei pezzi sono totalmente incentrate su un riffing tecnico e chirurgico, blasts forsennati e una furia cieca senza pari. Per certi versi questo lavoro può essere avvicinato a quanto proposto ultimamente da Emeth e Job For A Cowboy, e questi ultimi in particolare tornano alla mente spesso durante l’ascolto. Obiettivo raggiunto dalla band è sicuramente il senso di oppressione che si acquista durante l’ascolto del platter, acuito dalla capacità della band di figurarci attraverso il loro sound un futuro simile. Questo ultimo particolare è sicuramente veicolato dalla freddezza chirurgica del riffing di Marco, imperniato su soluzioni decisamente affini al tecnical death con qualche punta di deathcore percepibile qua e là: certo, senza i tempi sincopati e i muri ritmici enormi frequenti nel genere, ma l’affinità c’è. Molto giusta anche la scelta di far percepire il basso durante l’ascolto dei brani, troppo spesso infatti si ascoltano gruppi capaci di suonare estremi ed ipertecnici senza però che si capisca se un bassista esista o meno nell’economia della band.
Uno punto a sfavore dei Carnality è tuttavia lo stesso punto di forza su cui è impostato l’intero lavoro dei nostri, ovvero il tasso tecnico. La quantità smisurata di riff che si susseguono riesce indubbiamente a rendere bene l’idea di un futuro sterile e privo di vitalità effettiva, ma dall’altra tende a stancare dopo quattro o cinque pezzi bene o male molto simili nell’arrangiamento (e qui parliamo di ben dieci pezzi). Come appena detto in parte la monotonia compositiva del lavoro non aiuta certo a far decollare l’ascolto, magari la presenza di stacchi o una maggior presenza di midtempos avrebbe aiutato a rendere più godibile e fruibile l’ascolto stesso. Nota dolente sono anche gli assoli di chitarra, talvolta non molto azzeccati anche se di indubbia caratura tecnica.
Onde evitare di farci fraintendere, avrete già capito che comunque sia stiamo parlando di un lavoro più che valido e competitivo. Marco e soci sono effettivamente riusciti nell’intento di proporci un sound apocalittico e coinvolgente, e l’abilità tecnica dimostrata lascia più che sbalorditi nonostante il primo minuto di straniamento dovuto al cambio di stile effettuato dai nostri. Anche la voce risulta più che convincente e varia, evitando di focalizzarsi su un cantato monotono troppo frequente nel genere. Inoltre, soprattutto le ultime tre tracce presentano una maggior varietà di soluzioni che lasciano ben presagire per il futuro, passando da sferzate tecniche coerenti a delicati arpeggi di chitarra posti in chiusura. Insomma, i Carnality risultano comunque promossi, anche se con qualche riserva per il futuro.
7.0