(Denovali Records, 2013)
Disco 1:
1. Laissé pour compte comme un bâtard;
2. Au pied d’une bicoque peu séduisante;
3. Sans crainte de s’avouer un jour naufragée;
4. (X);
5. Tes âmes soeurs immaculées;
6. Dans ta salive, sur sa peau;
Disco 2:
1. D’errances en inimitiés;
2. Cette silhouette paumée et délabrée qui sanglote et meurt;
3. Empreinte d’érotisme;
4. (Y);
5. Serrés comme son coeur lacéré;
6. Outro
Ancora una volta torniamo ad accostare l’orecchio ad un progetto francese, sintomo di quanto quella terra sia prolifica in merito a sonorità poco convenzionali negli ultimi anni. I Celeste ne fanno parte praticamente dagli esordi (nonostante l’evitabile Pessimiste(s)) e giungono dopo tre anni a dare un seguito a quel Morte(s) Nee(s) che con il suo forte ascendente black ha deluso una buona parte di coloro che apprezzarono i precedenti Nihiliste(s) e Misanthrope(s).
La formula di base non cambia: il letale mix di sludge, post hardcore e un pizzico di black rende il gruppo riconoscibile sin dalle primissime note di “Laissé pour compte comme un bâtard”, ma stavolta assistiamo ad un lavoro più complesso dei precedenti, che ha richiesto tre anni di gestazione (mentre i restanti full length uscirono a distanza di un solo anno l’uno dall’altro) e che ha prodotto un’opera complessa divisa in due parti, per una durata totale che supera di poco l’ora. Il mood generale riporta spesso alla mente Misanthrope(s) e Nihiliste(s), stravolti però dall’esperienza nichilista, psicotica e “pesante” di un disco come Morte(s) Nee(s) e da atmosfere che suonano decisamente più doom rispetto al passato. In questo senso la seconda parte di Animale(s) risulta senz’altro quella più riuscita, compatta e lineare al suo interno, al contrario di quanto avviene nella prima in cui episodi meno rilevanti (l’opener “Laissé pour compte comme un bâtard” o “Au pied d’une bicoque peu séduisante”) si alternano a brani di qualità davvero elevata (“(X)”, “Dans ta salive, sur sa peau” o “Sans crainte de s’avouer un jour naufragée”). E la sua compattezza intrinseca rende più giustizia alla seconda parte, dove un respiro quasi doom unito ad atmosfere laceranti (“Cette silhouette paumée et délabrée qui sanglote et meurt” o “(Y)”, quando i Celeste decidono di usare una lettera sola come titolo pare ci azzecchino sempre e comunque) portano il tutto ad un livello superiore. Come non citare poi “Outro”, otto minuti di pura passione strumentale che sembrano voler esprimere un’agognata liberazione, una marcia di spensieratezza e libertà così faticosamente conquistati dopo il difficile viaggio attraverso gli antri di Animale(s).
Presumo che i Celeste stessi non vogliano promuovere una lettura troppo “spezzata” di Animale(s), anche se la divisione in due parti deve avere una motivazione, ma in ogni caso non è quello che qui intendiamo fare: a livello musicale le differenze ci sono e riteniamo vadano evidenziate, ma non conoscendo il concept che ci sta dietro e il suo sviluppo nell’arco dei brani il consiglio che possiamo dare è quello di ascoltare più e più volte questo album. Perché, ancora una volta, i Celeste non sbagliano.
7.5