1. Sympathectomy
2. Instant Death Syndrome
3. Black Tears
4. Lust vs. Vengeance
5. Of Eating Disorders and Restraining Orders
6. A Death Sentence Called Life
Appena ci si trova di fronte a del doom prodotto oltreoceano lo si nota subito. Ancor più di quello europeo, quello americano sembra alimentarsi di gas tossici, producendo suoni densi come lo smog, che ti entrano nei polmoni facendoti perdere il fiato. Comparsi come in un rituale esoterico, i Coffinworm si formano a Indianapolis nel 2007, entrando in breve tempo nei Basament Rage Studios e rilasciando l’anno successivo il demo Great Bringer Of Night, riscuotendo un successo non indifferente tanto da ottenere il riconoscimento di “Best Demo Of 2009” da parte di Decibel Megazine. Nel 2010 pubblicano When All Became None sotto la Profound Lore Record (tutt’ora sono sotto contratto con essa), per ritornare nel 2014 con un nuovo capitolo.
Qualcosa si è risvegliato nell’entroterra, fuochi fatui emergono dalle tombe. IV.I.VIII è un viaggio monocromo completamente mentale, intriso di astio, disperazione e decadenza. La prima traccia “Sympathectomy” parte veloce e imperterrita, l’ascoltatore si ritrova in un turbine nero nel quale rimbombano voci gutturali e strida. I diversi intercalari vocali di Dave “Berkowitz” denotano una continua seppur lenta ricerca perseguita sia con la band odierna, sia con i Black Arraws Of Filth & Impurity (2004-2008). “Instant Death Syndrome”, “Black Tears” e “Lust vs. Vengeance”, tracce inesorabilmente lente ed rauche, preparano il terreno per la seguente e ben più maestosa “Of Eating Disorders and Restraining Orders”, forse la traccia più apprezzabile dell’intero LP: riff tipicamente doom che ascendono e discendono, contaminazioni psichedeliche che si susseguono per tutta la durata della traccia , voci femminili e demoniache assieme riempiono completamente i sette minuti del brano. Il disco termina con “A Death Sentence Called Life”, che ripercorre la linea della traccia d’apertura, vale a dire una batteria marziale e una voce gutturale tipica del death più insano e marcio. In tutto ciò c’è un’aurea mistica e il ritmo, fino all’ultimo, non viene a mancare.
Con IV.I.VIII i Coffinworm palesano la decisione di intraprendere sentieri più oscuri e tetri, cercando di rendere tutto più isterico e claustrofobico, infittendo ancor più la nube che già li avvolgeva. Nulla di estremamente nuovo, ma un degno successore dei due precedenti lavori, un altro album da avere per gli amanti del genere.
7.5