(Kaotoxin Records, 2013)
1. Intro
2. Mindless Damnation
3. Abysses of Seclusion
Non penso che, in Italia, possiamo essere in molti a conoscere il quintetto francese dei Darkall Slaves.
Attivi da circa otto anni, con un cursus honorum musicale caratterizzato, più che altro, dalla ricerca di un’identità musicale, nonché d’una line up stabile, ma anche da qualche piccola/grande e dignitosa conquista (presenze al Neurotic Deathfest ed all’Houten Deathfest, entrambi nei Paesi Bassi), finalmente, nel 2013 annunciano l’arrivo imminente – si presume per l’estate – del loro full length d’esordio: per preparare i palati dei fans e solleticare quelli dei curiosi, la loro etichetta, la francese Kaotoxin Records, ha fatto uscire un EP.
Come accennato poco sopra, essendo sempre stati i Nostri una realtà sì valida, ma troppo in balia della malasorte per quanto riguarda la stabilità della loro formazione, pur avendo sempre avuto un doppio attacco vocale (onore a Moots e Markus), un fantasioso, talentuoso, ma talora acerbo, chitarrista compositore (Gaut) ed il brutal death metal come genere di riferimento, non hanno mai avuto, a mio parere, un’anima ed una personalità troppo riconoscibili: con l’EP del 2008, li avevo lasciati con sonorità fra la California uniqueleaderiana e qualche modernismo che strizzava l’occhio a certo groove/slam ed ai Despised Icon (guarda caso, con due cantanti…) meno ‘pettinati’, per un risultato buono, divertente a sentirsi, ma non troppo nelle mie corde.
Nel 2013, con tre semplicissime tracce per il nuovo EP Abysses of Seclusion, il combo belga cambia nuovamente le carte in tavola.
Sul partire dell’“Intro”, white noise, inquietanti rumori non definibili accompagnati da un discorso filtrato e modificato in una lingua che può suonare tanto arcana, quanto aliena, subito fanno pizzicare i miei “sensi di brutallaro”, riportandomi a quell’immaginario a metà fra il solenne, l’antico, il gore e lo sci-fi dei primi Deeds of Flesh… e non mi sbaglio: in questo antipasto del futuro album dei Darkall Slaves, l’atmosfera del primo glorioso lustro della Unique Leader si fa sentire alla grande – merito anche di un Gaut maturato e decisamente padrone del suo strumento. “Mindless Damnation” parte come un fulmine, sorretta da un riff che, all’immediatezza degli Origin, aggiunge il gusto dei Gorgasm; il pezzo cambia di umore, pur tenendosi sempre su poderosi blastbeats che mi fanno pensare proprio a già citati Deeds of Flesh (traduzione: tecnica ed esecuzione – 10 e lode; creatività… da rivedere: ma è brutal death metal e ci va benissimo così, sia chiaro!), insieme a due buone voci che, definite e spietate, narrano le trame del tutto, fra echi degli Abysmal Torment di Epoch of Methodic Carnage e dei vecchi Godless Truth. La seconda parte della song, dopo una prima parte più “americana”, mi sembra molto più “italiana” nelle sue influenze: alcuni stop&go’s mi fanno pensare ai Septycal Gorge; i tempi schizzati e l’arrangiamento coi caratteristici fischi di chitarra, ai Putridity.
Infine, l’ultima traccia, quella che dà il titolo all’EP, mi dà l’impressione d’essere meno incisiva rispetto alla precedente: benché, comunque, la capacità di cambiare umore, tempo e dinamiche – operazione quasi impossibile nel brutal – sia un punto di forza dei Darkall Slaves, la canzone “Abysses of Seclusion” mi pare più piatta, per quanto alternata da lenti che riesumano vecchio death metal e i primissimi Defeated Sanity, animati da parti supergutturali, e veloci riff dal piglio epico, nei quali, c’è anche spazio per qualche dosato scream, fra i growls generali.
In attesa dell’album d’esordio, non resta che incrociare le dita per i Darkall Slaves, i quali, dopo anni di “patimento”, sembrano avere trovato la giusta direzione, dimostrando buone promesse per il futuro del genere al quale si dedicano – nulla di nuovo sotto il sole, ma decisamente “fresco”, in quanto la gloriosa tradizione brutal death metal viene rielaborata con la giusta attitudine e passione. In bocca al lupo per il full!
7.5