Per fortuna, il “nevone” romagnolo è stato abbastanza clemente con Rimini. Certo, da queste parti è strano trovarsi a camminare nella neve per vedere un concerto, ma per fortuna né il maltempo né San Valentino hanno eccessivamente danneggiato questa bella serata: un buon numero di persone non si è voluto perdere la prima volta in Italia dei Deafheaven, giovane band americana che, tra i tanti che adesso suonano black metal imbastardito con post rock e shoegaze, ha saputo farsi notare con l’ottimo Roads To Judah (che già vi avevamo segnalato sulle nostre pagine), uscito l’anno scorso per Deathwish. Ad accompagnarli per tutto il tour europeo (che con questa data italiana è più o meno a metà), vediamo, con un certo “orgoglio patriottico”, gli Hierophant, di cui abbiamo già parlato più volte nel 2011 appena trascorso. Ecco dunque il resoconto della data italiana di questo interessante tour; ci scusiamo con i due gruppi d’apertura della serata, Prometheus e Lantern, ma non siamo riusciti a vedere le loro esibizioni.
Deafheaven + Hierophant
Grotta Rossa, Rimini
14/02/2012
HIEROPHANT
Giocavano in casa gli Hierophant, ma non sembra che abbiano sentito più di tanto la cosa: l’impressione che ci hanno dato è stata quella di una band esperta, rodata, che suona in tutte le serate del tour con la stessa carica e professionalità. Non è cosa da poco, visto che i ragazzi non hanno certo anni di tour alle spalle (ma questo è comunque il secondo che fanno, dopo quello con gli Oathbreaker). Ci siamo davvero goduti la loro esibizione, nonostante li avessimo visti poco tempo fa al Sidro Club di Savignano sul Rubicone, nel novembre scorso: il nostro giudizio dello show di questa sera non è molto diverso da quanto avevamo scritto in quell’occasione, l’unica differenza notevole è stata averli visti in formazione a 5, con entrambi i chitarristi on stage, ma il risultato non è cambiato molto. Certo, i suoni non erano limpidissimi stavolta, ma la musica degli Hierophant non necessita di troppa “pulizia”, vista la carica di rabbia ed energia che i romagnoli sono capaci di sprigionare nei loro live shows. I brani del debut album sono stati suonati con perizia e potenza, senza troppe pause, accompagnati dalla solita prestazione “iperattiva” da parte del cantante Carlo. Il pubblico non è risultato troppo coinvolto (un pezzo come “As Kalki” meriterebbe forse un po’ di movimento nel “pit”), ma ha dimostrato di apprezzare. Noi, ancora una volta, abbiamo preferito il pachidermico incedere di una “Ten Thousand Winters”, ma in ogni caso solo giudizi positivi per i nostri Hierophant: siamo davvero contenti che il loro tour stia andando bene, e l’unica cosa che ormai possiamo chiedergli è che prima o poi si fermino un attimo per registrare qualcosa di nuovo.
DEAFHEAVEN
Eravamo davvero molto curiosi di sentire i Deafheaven dal vivo: il loro Roads To Judah è stato molto apprezzato in redazione, e ci aspettavamo uno show emozionante e coinvolgente. Com’era ampiamente prevedibile, i californiani hanno cominciato con “Violet”, opener dell’album, introducendo lentamente e dolcemente il pubblico nel loro mondo di delicati chiaroscuri. Sicuramente diverso è stato il loro impatto sul pubblico rispetto a quanto fatto dagli Hierophant poco prima: la band è sostanzialmente immobile, i chitarristi si dondolano sulle loro note guardando in basso nella migliore tradizione shoegaze, e tutto il peso dello “show visivo” è sulle spalle del cantante, autore di un’ottima prova, anche se a volte risulta anche troppo teatrale nelle sue movenze, cosa comunque probabilmente da lui voluta. Quando dopo i primi minuti di intro strumentale comincia a cantare, ci rendiamo conto che il suo screaming è abbastanza diverso in sede live, essendo dotato di un timbro molto più vicino al black metal di quanto non sembri su disco, sul quale traspare una maggiore emotività ed espressività. Non sapremmo dire se sia un bene o un male, probabilmente dipende dalla sensibilità di ognuno, certo il primo pezzo non ci ha colpito così tanto come su cd, anche a causa dei suoni confusi che non hanno reso giustizia alle trame melodiche che, soprattutto verso la fine del brano, trasmettono una tensione emotiva notevole. Le cose migliorano con la seconda (su disco come nella setlist) “Language Games”: i suoni si fanno leggermente più nitidi, la voce comincia a scaldarsi e il finale (Come to life, walk the roads to Judah tonight) regala i primi brividi, complice anche la prova ora davvero sentita del vocalist. L’unico che davvero sembra non provare alcuna emozione, è il giovanissimo (o così sembra) batterista. Certo, dopo Ben degli Hierophant molti batteristi avrebbero sfigurato in “presenza scenica”, ma il drummer dei Deafheaven sembra davvero una statua, e guardandolo negli occhi non si capisce se sia da un’altra parte con la testa o se non capisca dove si trovi in qualsiasi momento. In ogni caso, non si può criticare troppo la performance dei quattro strumentisti: quello che devono fare lo fanno bene, e i cinque di San Francisco offrono di fatto un ottimo show, tanto che quando dopo poco più di venti minuti annunciano l’ultimo pezzo il pubblico si stupisce: senza bisogno di andare a pescare pezzi più vecchi, l’intero Roads To Judah dura quaranta minuti, e quindi ci saremmo aspettati anche il quarto pezzo del disco dopo “Unrequited”. Non sapremo mai però se era previsto un “bis”, poiché dopo nove minuti, proprio mentre il pezzo stava per finire, una chitarra ha smesso di suonare (è saltato l’ampli?) e il concerto si è chiuso così, all’improvviso, con le scuse della band. Davvero un peccato, perché il terzo brano era quello più convincente, sia per quanto riguarda l’esecuzione sia per l’interpretazione emotiva del cantante, e l’impressione che abbiamo avuto è che i Deafheaven si fossero scaldati solo dopo i primi due pezzi.
Se non fosse stato per questo problema tecnico, staremo parlando comunque di un gran bel concerto, con le uniche pecche di essere stato troppo corto e di non essere stato supportato da suoni sempre all’altezza. Non ce ne siamo andati via con l’amaro in bocca, precisiamolo, ma anzi con una voglia maggiore di rivedere i Deafheaven in un contesto migliore, più in forma (essendo al loro primo tour europeo, forse dopo quasi due settimane la stanchezza ha cominciato a farsi sentire) e magari con una setlist più lunga. Le potenzialità ci sono tutte, e se su disco c’è sembrato che siano state espresse al meglio fin dal primo tentativo, per un giudizio più completo sul loro impatto live aspettiamo di vederli una seconda volta.