I Deaflock sono una thrash metal band proveniente da Nagoya, Giappone. Formati nel 2000 dal chitarrista Junichi Hayakawa, cominciano la loro avventura solo nel 2003, esibendosi in alcuni locali della zona. A questa, negli anni seguenti, si aggiungono l’uscita di un demo, la partecipazione ad una compilation per il mercato giapponese e, nell’Aprile 2008, una prima release dell’album che ora abbiamo per le mani. “Reality of False Pasts” viene poi ristampato nell’Agosto 2009, dopo che la band ha firmato un contratto con l’americana Arctic Music Group.
Quello che i Deaf Lock propongono è un thrash metal che si mescola talvolta con un death piuttosto primitivo e di base, senza infamie né lodi particolari. Tra influenze principali ci sono sicuramente i Kreator, che dal punto di vista musicale sono ravvisabili sia per quanto riguarda la parte chitarristica che per la batteria, sempre sparata a ritmi forsennati e che non lesina nel regalare blastbeats. Per quanto riguarda le voci, invece, i Venom hanno certamente giocato un ruolo fondamentale nell’influenzare i quattro nipponici. Un cantato perennemente in growling è forse un arma a doppio taglio: da un lato coinvolge e sfoga gli ascoltatori, mentre dall’altro appiattisce la varietà che dovrebbe essere richiesta, indipendentemente dal genere. Molto frequente è anche l’utilizzo di stoppati che, agendo in contemporanea fra chitarra e batteria, finiscono per ricordare i Cannibal Corpse. Pare di vedere le scene tratte dal primo film di “Ace Ventura”, e i momenti in cui entra nella discoteca affollata di metalheads.
Le otto tracce che compongono il disco sono generalmente sopra i quattro minuti ciascuno, eppure ciò che manca sono gli assoli. Seppure non si possa certo dire che il suddetto Hayakawa si sia risparmiato nel parto di riff e ritmiche spezza-collo, i momenti in cui la chitarra comincia a farla da padrone sono pochi e, come da tradizione, velocissimi. La traccia finale, che per quasi una metà si apre a possibilità melodiche, è puntualmente stravolta da cambi di tempo che non fanno che alternare i toni della traccia, dalle sfuriate ai tratti melodici e tranquilli. La produzione, come si può immaginare, non è certamente delle migliori. Superiore ad un demo, sì, ma ampiamente sotto gli standard medi.
Un album di debutto nella media, insomma. Anche se, da una band con quasi dieci anni di storia, ci si potrebbe aspettare un po’ di più.
Voto: 6