(Les Acteurs De l’Ombre, 2013)
1. Acceptance;
2. Rebuild
Non sappiamo molto di questa band, se non che Deuil è un progetto belga nato dalle ceneri di tali Isaiah, che esce tramite Les Acteurs De l’Ombre (stessa etichetta di Al Azif dei promettenti The Great Old Ones e dei Pensées Nocturnes) e che Acceptance/Rebuild ne è in assoluto il primo album formato da due soli brani e disponibile materialmente in formato vinilico limitato a 500 copie.
La proposta musicale di Deuil è quel black metal di nuova generazione di stampo smaccatamente americano, volenteroso di assimilare e gestire diversi tipi di influenze verso qualcosa che possa essere catalogato (descrizione dell’etichetta stessa) come sludge/drone/black metal. In parte ci siamo: le parti più furiose e veloci rimandano a lidi vicini ad Ash Borer o Panopticon, così come la ricerca di atmosfere ipnotiche e ripetitive care ad un certo tipo di post-qualcosa, ma quello che emerge dall’ascolto di questi due brani (“Acceptance” e “Rebuild” appunto) è una disomogeneità di fondo abbastanza marcata che rende il tutto un po’ dispersivo e incolore. Davvero questo è forse il classico esempio di troppa carne al fuoco dove si intuiscono gli obiettivi desiderati, ma allo stesso modo si percepisce la distanza dal raggiungerli in una sequela di riff e melodie quasi inconcludenti (“Rebuild” nello specifico pare un po’ un’accozzaglia di tutte queste cose). Di sludge e drone a conti fatti non c’è nulla, se non la ripetitività e le sonorità che li caratterizzano, mentre il black metal presente qui è lo stesso che si può ascoltare nei Downfall Of Gaia di Epos quindi anche questo genere va citato con le molle ed in generale il tutto non è che colpisca più di tanto.
Trenta minuti di musica sono forse troppo pochi per giudicare il lavoro di Deuil, ma l’impressione che scaturisce da Acceptance/Rebuild è quella di un progetto non propriamente maturo che fatica a trovare un equilibro e un fine nelle sonorità che vorrebbe esplorare. Non so se ci sia già in cantiere altro materiale, ma penso che sarebbe meglio fermarsi un attimo a riflettere sulla direzione da intraprendere per ricavarne risultati che possano dirsi tali e non brani che di cui ci si scorda appena pochi minuti dopo l’ascolto.