(Indelirium Records, 2011)
1. Into The Misery
2. The Forgotten
3. Echo
4. The Biggest Infection
5. Accept The Good
6. Circle Of Crypts
7. Until n.0
8. Embrace Your Existence
9. Siberia
10. Orphans
I Dine in Hell sono una band hardcore proveniente dalla Romagna, tradizionalmente terreno molto fertile per questo tipo di sonorità, e solitamente molto al passo coi tempi: ogni corrente hardcore nata e sviluppatasi negli States ha qui sempre trovato tanti imitatori, di qualità quantomeno alternante. Non c’è da stupirsi dunque se ci troviamo a parlare di un gruppo che ha come principali punti di riferimento i magnifici Misery Signals di Controller, o gli autori del buon Returners (The Ghost Inside), o anche gli It Prevails: la ventata di novità portata da Defeater e Carpathian , che tanti proseliti ha già fatto all’estero, non ha ancora lasciato il segno nella nostra Penisola.
Il primo aggettivo che ci viene in mente per descrivere questo loro debut album Orphans è pertanto “derivativo”. Fin dal primo pezzo, vi verranno in mente le bands nominate poco sopra e molte altre, senza dover scomodare nomi illustri (già impliciti una volta che si citano i Misery Signals e tutti i figli degli Shai Hulud). Ma siamo onesti: in quanti vogliono davvero qualcosa di originale dall’hardcore? In verità, bisogna dire che in fondo i Dine in Hell ci sanno fare, dimostrano di conoscere a menadito ogni singolo pezzo dei loro artisti di riferimento, e sanno scrivere delle buone hardcore songs.
Scendendo un po’ più nei dettagli, i primi pezzi della tracklist devono anche troppo ai già citati Misery Signals, a cominciare dalla struttura stessa delle canzoni. Quando però si “sganciano” un po’ di più dai loro modelli, i romagnoli colpiscono nel segno: “Until n.0” è estremamente accattivante, contiene uno dei pochi passaggi che davvero restano impressi fin dal primo ascolto ed è supportata da gang vocals azzeccate, che fanno ottimamente da contorno alla voce di Gazza che deve molto, manco a dirlo, allo stile di Karl Schubach (indovinate dove canta?), pur essendo molto più cupa. Meno azzeccato invece l’esperimento delle clean vocals nella seguente “Embrace Your Existence”, che resta però sicuramente il pezzo più orecchiabile del lotto.
E’ piuttosto semplice tirare le somme, in base a quello che abbiamo detto: Orphans è un lavoro valido, nella sua banalità. Se amate i gruppi citati nel corso della recensione, sicuramente vi divertirete nell’ascolto di questa mezz’ora di metalcore moderno, e potrete aggiungere mezzo punto al voto in fondo. Noi, che tanto amiamo sia quei gruppi sia le realtà emerse più recentemente, pensiamo solo che, se i Dine in Hell vogliono mantenere questo stile, dovrebbero nella loro prossima opera cercare di dipendere un po’ meno dai loro ascolti e impegnarsi ad essere più vari possibili, perché qualcosa di buono, come abbiamo detto, c’è e si sente.
6.0