(Season of Mist, 2012)
1. Allfather
2. I, Chronocrator
3. Vanitas
4. Descending Jacob’s Ladder
5. View from Hverfell I: Head above the Heavens
6. View from Hverfell II: Inside Omnipotent Chaos
7. View from Hverfell III: A Traveller of the Seed of the Earth
Arrivano dall’Olanda i blacksters Dodecahedron, giunti (dopo anni di gavetta col moniker Order of the Source Below) alla firma con Season of Mist per la pubblicazione del loro debutto discografico omonimo.
Prima di analizzare i contenuti di questo Dodecahedron è però necessaria una constatazione riguardante la proposta musicale dei Nostri; il black trattato dagli olandesi, infatti, lascia da parte lo spirito convenzionale del genere, e preferisce colpire l’ascoltatore a livello emotivo, giocando sul piano atmosferico, piuttosto che aggredirlo con un attacco diretto. Tratti distintivi che hanno portato più volte gli addetti ai lavori a catalogare questa band come una validissima risposta ai francesi Deathspell Omega; noi ci sentiamo di “accostare” questa prova discografica ad Ordo ad Chao dei compagni di label Mayhem, per via dell’approccio al sogwriting poco ortodosso che denota entrambe le due releases.
Se per forza di cose volessimo insistere nell’intento di catalogare con precisione il genere trattato dai Dodecahedron useremmo la tanto inflazionata, quanto inesauriente, etichetta di post-black metal ma, fidatevi, non ci sono termini sufficientemente sintetici ed esaustivi in grado di catalogare il genere ed i contenuti di questo disco.
La musica del combo olandese trascende il black (del quale eredita le atmosfere messianiche e mefistofeliche), sviscerandolo con brani costruiti seguendo una filosofia quasi geometrica dove nulla viene lasciato al caso. Gli incastri sono ben congegnati, la stratificazione sonora è decisamente colta e le strutture dei brani coagulano in melodie e pattern che mutano continuamente la propria forma con atmosfere catacombali che regnano sovrane per tutta la durata del disco, e fanno da sfondo a claustrofobici riff di stampo chiaramente black, rallentamenti al limite del doom, virate jazzcore e strupri elettronici con rumori alienanti e synth gelidi (vedi “Descending Jacob’s Ladder” introdotta da un atmosfera à la Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick).
La band gioca pesantemente sulla suggestione onirica e sull’esoterismo nelle proprie composizioni, “Vanitas” ad esempio sembra essere concepita appositamente come sfondo sonoro di rituali occulti e messe nere, grazie anche all’intelaiatura del brano fatta di chitarre distorte e arpeggi ripetuti con ostinazione in un mid-tempo marcescente, eternamente in sospensione tra la dannazione e la redenzione. I brani posti in apertura, ovvero “Allfather” e “I, Chronocrator” sono i più immediati ed efficaci per gettare un’interpretazione di base riguardo il suono dei Dodecahedron, mentre il masterpiece del disco è “View From Hverfell” suite suddivisa in tre movimenti specifici che formano un unico concept. Nel primo movimento, chiamato “I: Head Above the Heavens”, il disco svolta di colpo per riprendere l’impervio sentiero de black metal di concezione Deathspell Omega, per poi subire una netta impennata d’adrenalina in “II: Inside Omnipotent Chaos”, dove furia, violenza e velocità la fanno da padrone. Parte in sordina invece la terza parte della suite, chiamata “III: A Traveller of the Seed of the Earth”, e attende la fine di un’oscura partitura sinfonica per esplodere in un climax di pura e nera maligna emotività.
Grazie al loro sound opprimente ed esoterico gli olandesi hanno già prenotato con la forza un posto per la top ten dei “best album” del 2012: non avranno inventato un nuovo modo di suonare, ma sicuramente hanno dipinto una nuova immagine sonora dell’inferno.
8