(Deathwish Inc.)
1. New Pyramids
2. Mankind
3. Grand Blood
4. Bad Vibes
5. Dead Friends
6. Death In Heat
7. We Live In The Shadows
8. Gone To Hell
9. Back Taxes
10. Father Midnight
Kurt Ballou è uno che non ha certo bisogno di presentazioni, tanto per la sua prolifica esperienza come chitarrista nei Converge, quanto e soprattutto per la sua instancabile presenza dietro la consolle in veste di produttore e fonico nei suoi God City Studios, che negli ultimi anni hanno sfornato praticamente solo uscite di ottimo livello, marchiate da musicisti di elevata caratura. Se poi sir. Jacob Bannon, vocalist e frontman della succitata band di Salem, decide di pubblicare ogni uscita di questi Doomriders, fin dai loro “teneri” esordi”, tramite la sua Deathwish Inc., significa allora che qualcosa di buono deve esserci per forza nella musica di questi quattro sludgers americani.
Forti quindi di una promozione e di una visibilità molto marcate nel circuito “che conta”, i Doomirders avevano già fatto parlare positivamente di sé con il precedente Darkness Come Alive, più vicino rispetto ad oggi ad un doom classico ed abbastanza canonico, mentre con il nuovo Grand Blood le cose si complicano ulteriormente. Nell’inevitabile gioco dei rimandi e delle influenze, sembra che il gruppo abbia frullato insieme consistenti dosi di Mastodon e Baroness ad un indole sguaiata derivante dal punk rintracciabile soprattutto nei primi lavori di un gruppo come i Coliseum. Dei primi gruppi citati, i Doomriders riprendono soprattutto il gusto per gli arrangiamenti spigolosi (“New Pyramids”, “Mankind”) e per le melodie inusuali diventate ormai marchio di fabbrica per la band di John Baizley, come dimostrano egregiamente la titletrack “Grand Blood” e “Gone To Hell”. L’irruenza più spiccia invece non tarda a mostrarsi in episodi come “Bad Vibes” e “Back Taxes”, davvero coinvolgenti grazie soprattutto al drumming martellante di Q e alle linee vocali berciate del cantante/chitarrista Nate Newton, nome noto per la sua militanza passata in altre band di spessore come Old Man Gloom, The Ocean, e guarda caso proprio nei Converge. In ogni caso, non mancano nemmeno momenti più lenti e pesanti, dove i Nostri mettono in mostra con eleganza e stile uno sludge metal che potremmo definire puro e senza contaminazioni: “Death In The Heat” piega l’ascoltatore sotto il suo peso di tonnellate di watt, mentre la conclusiva “Father Midnight”, grazie a fraseggi chitarristici ottimamente realizzati, si insinua nella mente per non uscirne più anche a distanza di molto tempo.
L’ispirazione risulta dunque piuttosto elevata e di carattere, nonostante l’ombra delle band citate poc’anzi sia ancora ingombrante, coprendo in parte la bontà e gli spunti più personali di Grand Blood. I Doomriders riescono ad unire con relativa scioltezza le diverse anime interne al gruppo, nonostante talvolta il tutto risulti un poco risentito e mai davvero imprevedibile. Ascolto consigliato vivamente a tutti gli amanti di questo “nuovo” genere che, tocca dirlo, ha trovato la sua più felice esposizione su suolo americano grazie alle innumerevoli uscite che regolarmente escono da questo continente. In questo senso, Grand Blood non fa altro che andare a rimpolpare ulteriormente questo segmento discografico, ma badate bene di non sottovalutarne la reale portata, perché riserva al suo interno diverse ottime composizioni realizzate con sangue, sudore e fango.
6.5