(Nuclear Blast, 2015)
1. Thurisaz Dreaming
2. Building With Fire
3. One Thousand Years Of Rain
4. Nauthir Bleeding
5. In Times
6. Daylight
Deve tirare un’aria decisamente buona in Norvegia ultimamente. L’anno scorso sono tornati a deliziarci i Manes, quest’anno abbiamo assistito al più o meno inaspettato ritorno di Arcturus e DHG. C’è una band però che, a differenza di quelle appena citate, da anni si distingue per la costanza con cui riesce a pubblicare un capolavoro dietro l’altro. Stiamo parlando degli Enslaved, che con In Times raggiungono il ragguardevole traguardo del tredicesimo album da studio.
Com’era successo con Ruun dopo Isa e con Axioma Ethica Odini dopo Vertebrae, In Times è il disco “d’assestamento” che arriva a consolidare la formula quasi perfetta di Riitiir. L’amore per le sonorità prog settantiane è sempre percepibile, il suono è sempre più caldo e artigianale, ma stavolta sembra che gli Enslaved abbiano voluto concentrarsi sugli estremi della propria proposta: il risultato è l’album più diretto che i norvegesi abbiano composto da molti anni a questa parte. Sembra esserci oggi una separazione più netta tra le cavalcate epiche e furiose e le aperture più ariose e sognanti, rimarcata dall’alternanza tra le voci pulite di Herbrand Larsen e le urla di Grutle Kjellson; in quest’occasione i due si dividono realmente il ruolo di voce principale nel corso dei brani, “duettando” come in passato solo in poche occasioni (“Daylight” e “Nauthir Bleeding”, i pezzi in cui tra l’altro emerge più prepotentemente l’influenza del prog rock). Parlando degli Enslaved bisogna sempre prendere con le pinze certe definizioni, ma si può dire che i tempi del disco vengano così scanditi con un rigore inaspettato. La formula funziona bene, e fa sì che i brani di In Times, con l’eccezione della più lunga e strutturata title-track, necessitino di un numero relativamente esiguo di ascolti per essere assimilati. Tutto questo sempre dando per scontato che si abbia già una certa familiarità con la musica dei Maestri norvegesi.
Cominciano davvero a scarseggiare le parole per descrivere l’operato degli Enslaved. L’abilità nell’intrecciare arazzi sonori sempre nuovi e stupefacenti propria di questi formidabili artigiani del suono è semplicemente imbarazzante. Se anche In Times non sorprenderà come il suo predecessore (ma le “classifiche” ormai per questa band possono essere fatte unicamente su base soggettiva), è certamente l’ennesima prova di forza di una band costantemente impegnata nell’alzare il livello delle proprie composizioni; un gruppo di fuoriclasse che gioca ormai stabilmente in una categoria superiore a tutti.
8.5