(Unique Leader Records, 2013)
1. The Dead Sea
2. Silent
3. Venom Upon The Blade
I Fallujah hanno fatto dei veri e propri passi da gigante negli ultimi anni. Il primo EP Leper Colony, orientato maggiormente su sonorità grezze tendenti al deathcore, non riscosse molte note positive; nel 2011 però, con il full-length di debutto The Harvest Womb, hanno dimostrato la loro incredibile capacità compositiva e hanno ottenuto ottimi riscontri. Questo ultimo EP, dal titolo -Nomadic-, rappresenta un’ulteriore maturazione.
Avevamo lasciato la band intenta a cimentarsi in una commistione di technical death metal e atmospheric black metal e, considerati i buoni risultati ottenuti, credevamo si sarebbero mantenuti sulla stessa linea; invece, con questo nuovo -Nomadic-, i Fallujah esplorano campi a loro insoliti, in particolar modo quelli del post metal e del post rock. Quest’ultima opera si dimostra sin dai primi ascolti più matura, completa e sofisticata, caratterizzata da una composizione molto curata e dettagliata; salta subito all’orecchio la capacità, da parte della band, di congiungere generi diversi in maniera fluida e spontanea, senza privare i brani di dinamicità e impatto. I pattern death metal fanno comunque da nucleo, risultando incisivi e complessi; ancora una volta sono percepibili sfumature black metal, in alcuni passaggi costruiti su sonorità più oscure e gelide, ma è impossibile non notare i momenti più dilatati ed atmosferici di estrazione post metal. -Nomadic- è composto da tre brani molto lunghi, capaci di mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore fino alla fine grazie ad una struttura solida e compatta. Sicuramente “The Dead Sea” e “Venom Upon The Blade” sono le due colonne portanti, essendo i brani che spaziano maggiormente da un genere all’altro, rivelando una capacità di composizione molto matura e complessa; invece “Silent”, brano quasi interamente strumentale, funge da intermezzo, attraverso sonorità tipicamente post rock, richiamando addirittura i Sigur Ros . Da sottolineare l’ottima produzione e l’abilità da parte di tutta la band nel sincronizzare alla perfezione ogni strumento; tuttavia, un elogio in particolare va senza dubbio fatto al batterista Andrew Baird, che spicca per la sua incredibile tecnica tanto da ricordare, in alcuni passaggi, il ben più noto Jamie Saint Merat degli Ulcerate.
Per concludere possiamo affermare che -Nomadic-, nonostante la sua breve durata, è un opera matura e completa, che spazia tra generi diversi e che esalta le qualità di questa eclettica band. I Fallujah si possono ormai considerare una delle band più interessanti e all’avanguardia degli ultimi anni, anche per questo attendiamo con grande curiosità il loro secondo full length.
7.0