(Code 666 Records,2015)
1. Our Names Written In Embers – Part 1 (Beacons of War)
2. Our Names Written In Embers – Part 2 (Beacons of Sorrow)
3. The Dying Stars
4. Sentinels
5. Menhir – Supplicant
6. Gathering The Stones
L’Inghilterra ha sempre offerto proposte di qualità in ambito black metal, tanto da riuscire sempre a gareggiare con le grandi nazioni che hanno da sempre rivestito un ruolo di primo piano in tale genere.
I Fen rappresentano un felice caso tutto singolare in un genere che dell’originalità e della rielaborazione dei vecchi schemi ha fatto un vessillo della propria identità. A differenza però dei tanti act post black i londinesi hanno sempre rivestito il ruolo dei poeti ermetici, capaci di esprimersi attraverso dicotomie perfettamente equilibrate ed unendo estremi spesso stridenti.
Grande punto a favore dei nostri è la precisa volontà di non ripetersi mai negli album realizzati. Se nei primi lavori si poteva notare la progressiva evoluzione di un’espressione tutta personale, tragica ed elegante, i nostri sono passati ad estremizzare la malinconia del proprio sound per poi spingersi verso le soluzioni più innovative e sperimentali dell’ultimo Dustwalker. Con Carrion Skies i Fen hanno deciso di riprendere in mano il proprio passato e ridargli lustro senza dimenticare gli ultimi sforzi. Abbiamo così un sound più semplice e schietto, nel quale la componente black metal fa la figura del padrone, mentre la distinzione con i momenti post rock è rafforzata mediante stacchi precisi e sezioni separate. Si nota però durante l’ascolto come la volontà di rafforzare la componente più istintiva dei Nostri abbia sortito un effetto secondario tutt’altro che spiacevole: ci ritroviamo così tra le mani un disco capace di vivere nel passato offrendo svariate soluzioni nuove e rimaneggiamenti di altre già sentite e piacevolmente riproposte.
I Fen riescono così a convincerci ancora: brani come “Our Names Written In Embers” sono la prova di una creatività lontana dall’essere esaurita. Negli undici minuti della prima traccia troverete tutti gli elementi che gli inglesi hanno fatto propri uniti in una suite contenente un ottimo alternarsi di midtempos, accelerazioni, divagazioni strumentali e malinconici arpeggi di chitarra. Ascolto consigliato, non solo per la qualità del prodotto in sé ma anche per il messaggio implicito che dischi del genere recano con sé: l’evoluzione personale ed artistica è ciò che più va apprezzato e ricercato. Convinti?
7.5