(Revive Records,2015)
1. Agneya
2. Pig Powder
3. Vetus Memoria
4. Finem Solis
5. Helios Erebus
6. Obscura Somnia
7. Centralia
8. Sea Of Trees
Attivi dal 2000, i God Is An Astronaut non hanno mai mancato un colpo. Criticati da molti per essere una brutta copia dei Mogwai, gli irlandesi hanno dovuto confrontarsi spesso con questa pesante accusa e dimostrare a tutti di saperci fare. I God Is An Astronaut però hanno sempre sfornato lavori ottimi, eleganti e raffinati come pochi gruppi in ambito post rock sanno fare, eccezion fatta per quel Origins che non ha saputo convincere appieno la critica, seppur gli sia stata riconosciuta la voglia di tentare qualcosa in direzioni diverse; spetta ora al nuovo arrivato Helios Erebus dimostrare che i nostri sono tornati in gran forma a differenza delle aspettative.
Come molti anche il sottoscritto aveva grandi aspettative su questo nuovo lavoro degli irlandesi, vuoi per aver avuto riprova dal vivo della potenza di alcuni brani nuovi, vuoi per la delusione che fu il precedente disco. Ebbene, appena si inizia l’ascolto le aspettative vengono spazzate via e sostituite da sorpresa e meraviglia. Già dalla prima “Agneya” le differenze coi lavori precedenti si palesano all’istante: una intro ambient tetra e cinematografica seguita da un delicato ma tetro arpeggio sono gli elementi che aprono ad un classico riffing alla God Is An Astronaut con tanto di riconoscibilissime tastiere a condire il tutto. La vera novità è però l’impatto intrinseco dei brani. I nuovi riff realizzati per Helios Erebus spingono sull’acceleratore e sui tempi dispari, la distorsione diventa più piena e corposa e i brani ne guadagnano in prestazione.
Questa nuova versione degli irlandesi non stona assolutamente con lo stile che li ha fatti amare/odiare dal mondo. Inutile dirlo, le prime tracce sono quelle che più si fanno ricordare, tale è la sorpresa. “Pig Powder” ci riporta indietro con la memoria ai tempi di All Is Violent, All Is Bright, alla sua malinconia e alla velata tristezza accompagnata dall’eleganza musicale dei God Is An Astronaut, e proprio qui sta la forza di questo nuovo disco: la capacità (ulteriormente affinata rispetto al precedente Origins) di unire vecchio e nuovo permette ai nostri di creare dissonanti suites imperniate su concetti cari al math rock e post metal (quello più delicato) che si uniscono splendidamente agli eco del passato. La tastiera assume un ruolo più classico rispetto ai tempi andati, giri più consoni ai tasti d’avorio per così dire. Chitarre e basso si divertono a destreggiarsi in queste rapsodie, mentre la batteria incide in una forma più tecnica ma non meno gustosa rispetto agli altri lavori.
Ovviamente i God Is An Astronaut non hanno certo dimenticato chi sono, e brani come “Vetus Memoria” ne sono la riprova, nonostante il crescendo esca un po’ dai canoni passati. In questo album c’è persino spazio per soffici soundscapes come in “Finem Solis” e “Obscura Somnia”; la titletrack e “Centralia” espandono la formula presentata, mentre nell’ultima “Sea of Trees” ritroviamo anche le convincenti modulazioni vocali che in Origins purtroppo non erano della medesima ispirazione. Helios Erebus è l’album perfetto nel momento perfetto, a dimostrazione che la voglia di sperimentare ha sortito gli effetti desiderati e ci ha regalato una band nuova e rinvigorita. Noi amanti della tristezza in musica non potevamo chiedere di meglio. Fatelo vostro!
8.0