(Avalanche Recordings, 2014)
01. Ringer
02. Dogbite
03. Playing With Fire
04. Decline & Fall
Della serie ‘A volte ritornano’. E i Godflesh lo fanno di sorpresa, lasciando un po’ tutti di stucco, proprio come il clima nella terra d’Albione: ti svegli che piove, vai al lavoro col sole e rincasi con la nebbia. Questa volta però il duo, pur non avendo abbandonato il grigiore e il carattere imprevedibile che si portano dietro i temporali, s’è un po’ perso nella ripetitività e nella monotonia delle giornate di pioggia. Sì, perché, lasciati alle spalle la parentesi dub di Us And Them e i suoni redenti di Hymns (correva l’anno 2001), JK Broadrick e GC Green hanno rinnovato la loro partnership artistica nel 2010, e col nuovo Decline & Fall ci hanno scaraventati indietro nel tempo di vent’anni, a quella doppietta incendiaria di Pure e Selfless. Dov’è il problema allora? Lasciassi parlare il cuore chiuderei la recensione qui con squilli di trombe e fuochi d’artificio per annunciare e celebrare il lieto ritorno, ma viste l’entità e l’ispirazione dell’ep forse non è ancora il caso di far tanto baccano.
Cominciamo dai presupposti: minimalismo e ritorno alle origini come modus operandi e obiettivo, queste le dichiarazioni dello stesso Broadrick in previsione dell’uscita dell’ep. E dopo le svolte sempre più eteree degli Jesu come biasimarlo? I due dopotutto s’erano già cimentati – a partire dalla reunion del 2010 – nella riposizione in fase live di Streetcleaner e Pure, due picchi/colossi della loro produzione. In effetti, ascoltando questo nuovo ep si percepisce la voglia di tornare a menare duro e riprendere il discorso da dove lo si era lasciato. Fin qui tutto chiaro, niente di nuovo sotto al sole: i suoni sono moderni e più stratificati rispetto ad un tempo, chitarra, basso e drum machine si amalgamano meglio tra di loro, ma in sostanza il marchio di fabbrica non è cambiato. I pezzi – 4 tracce inedite – sono la summa di quanto prodotto finora dal duo inglese, ma sono ancora pochi per azzardarsi nella previsione di svolte stilistiche futuribili. I fan saranno comunque contenti: si passa dal martellamento distorto e all’unisono degli strumenti a corde alla ripetizione ossessiva del riff e dei pattern ritmici – costanti del trademark Godflesh che sanno ancora accentuare l’alienazione post-industriale/esistenziale oggi così come lo facevano agli esordi – passando per il cantato mono-sillabico e urlato che calza come un guanto sulle strutture geometriche dei pezzi. D’effetto lo stacco di chitarra e il seguente rallentamento intorno al quinto minuto di “Ringer”, mentre “Dogbite” e “Playing With Fire” filano via come due outtakes di Selfless. Interessante l’incedere vagamente dubstep dell’intro di “Decline & Fall”, la traccia che da il titolo all’ep, un brano che nonostante la struttura piuttosto prevedibile rivitalizza il finale dell’album.
In definitiva un’ep da gustarsi per la sua brevità, e per le sue sonorità ‘ritrovate’, ma anche da prendere con le molle, considerato il ricco curriculum dei Godflesh. L’attesa ‘al varco’ in vista di un nuovo album sarà dunque inevitabile, speriamo in qualcosa che invece di guardare al passato si rivolga al futuro. Bentornati, quindi, anche se con qualche riserva.
7.0