(Roadrunner Records, 2012)
01. Explosia
02. L’Enfant Sauvage
03. The Axe
04. Liquid Fire
05. The Wild Healer
06. Planned Obsolescence
07. Mouth of Kala
08. The Gift of Guilt
09. Pain is a Master
10. Born in Winter
11. The Fall
12. This Emptiness*
13. My Last Creation*
*le tracce 12 e 13 sono presenti solo nella special edition
Il 2012 sembra essere un anno ricco di releases di nomi altisonanti all’interno del panorama metal, e tra tutti non potevano mancare i francesi Gojira, chiamati a confermare il proprio nome a livello mondiale con L’Enfant Sauvage, quinto parto discografico della band e debutto su Roadrunner Records. L’ingresso nel roster di una major ha fatto storcere il naso a tanti fans, i quali temevano un impoverimento sonoro della band dovuto alla standardizzazione del proprio lavoro a eventuali canoni radiofonici; in pratica una sorta di cammino analogo a quello intrapreso dagli Slipknot, per citare un episodio avvenuto in Roadrunner.
Ebbene, i fans possono tranquillizzarsi: infatti, pur avendo concepito un lavoro maggiormente votato al mainstream, la band ha comunque dato alle stampe un prodotto che suona maledettamente Gojira, e lo si nota già dalla traccia posta in apertura, ovvero “Explosia”, che si muove con efficacia tra un riff e l’altro seguendo un semplice schema riff groove-strofa per poi variare mood improvvisamente, aprendo le porte ad una parentesi che lascia trasparire una certa vena “post” della band.
Già col primo brano i Gojira toccano il punto chiave di questo disco, ovvero una forte componente melodica ad unire tutti gli elementi familiari al sound della band: accattivanti riff groove impossibili da confondere con qualsiasi altra band, slide di plettro (a generare i classici “fischi” che accompagnano le composizioni del combo transalpino ormai da anni), riff in tapping (vedi “The Gift of Guilt”), refrain melodici accompagnati da tappeti di doppio pedale (“L’Enfant Sauvage”) e la magia dei fratelli Duplantier, con la voce di Joseph (mai così espressiva), che da sola varrebbe l’acquisto dell’album, e le stregonerie di alta classe del batterista Mario. L’Enfant Sauvage non si perde mai nella ricerca di orpelli strumentali o di particolari tecnicismi di matrice progressive nei passaggi tra un riff e l’altro, ma fa affidamento totale sull’immediatezza dei brani, confezionandoli in maniera semplice, con strutture che, pur non seguendo canoni precisi, risultano essere decisamente efficaci, ed esempio lampante ne è “The Axe”, nella quale la band si muove ripetutamente sugli stessi riff melodici e coinvolgenti per poi risolvere il brano, con poche variazioni, solo dopo la metà della durata.
Come già anticipato il disco suona al cento per cento à la Gojira, e trova “innovazione” nell’ampliato e raffinato gusto per la melodia che la band ha sviluppato: tutte le composizioni, come le suddette “The Axe” e “Explosia” con il suo slancio “post”, hanno un taglio squisitamente evocativo, e lo possiamo notare anche in “Planned Obsolescence” (uno dei migliori episodi del disco) che dopo la ferocia della prima parte, accompagnata dalla batteria in blast beat, si lascia ondeggiare in un momento centrale melodico e cadenzato. Altri episodi di melodia applicata li troviamo in “Liquid Fire”, con i suoi “botta e risposta” tra la voce rabbiosa del carismatico vocalist e cori modificati col vocoder, sorretti da un trascinante groove in sottofondo. Da menzionare infine l’accoppiata finale composta da “Born in Winter” e “The Fall”, le cui melodie si fanno più cupe e malinconiche in un alternarsi di momenti di calma e rabbia repressa, come se la band cercasse di comunicare un messaggio di malessere pur dicendo “va tutto bene”.
Tirando le somme possiamo affermare che L’Enfant Sauvage, anche se più contenuto nel minutaggio, sia più difficile da assimilare rispetto ai suoi immediati predecessori The Way of all Flesh ed il capolavoro From Mars to Sirius (entrambi usciti su Listenable/Prosthetic, rispettivamente nel 2008 e 2005), per via della forte componente melodico/evocativa che diventa ora parte integrante in ogni traccia (piuttosto che farvi capolino solo in certi episodi, come accadeva in passato); ne deriva così la necessità di un ascolto più attento per apprezzarlo in pieno. Unico vero neo di questo L’Enfant Sauvage è l’assenza di brani che rappresentino il vero colpo di genio (così come furono assi del calibro di “Ocean Planet” o “Toxic Garbage Island”, per citarne un paio), e per quanto ottimamente composto e prodotto il quinto full-length della band transalpina viene in parte penalizzato nel giudizio finale. Comunque sia: bentornati Gojira!
7.5