Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta: per la sesta volta, siamo riusciti a organizzare il nostro annuale Grind On The Road Fest, che ha attirato tante persone al Boulevard Rock Club di Misano Adriatico, location speciale che ci ha ospitato per la terza volta in sei anni. E’ vero, da anni ormai Grind On The Road organizza diversi concerti, quasi tutti i mesi, ma questo in particolare ha un valore speciale per noi, sia simbolico che reale, visto che denota anche la nostra crescita. Quest’anno infatti, dopo aver comunque fatto suonare già in passato sia mostri sacri come i Cripple Bastards sia realtà che in breve sarebbero diventate stranote (i Fleshgod Apocalypse), siamo riusciti ad offrirvi un’accoppiata di assoluto rilievo internazionale: i leggendari Agathocles dal Belgio e gli Hour Of Penance, al momento sicuramente il gruppo italiano più noto in tutto il mondo, in campo metal estremo. La serata, lo diciamo senza grandi proclami, è stata un successo, nonostante i mille problemi che come sempre sono sorti al pomeriggio e i ritardi che hanno rischiato di rovinare la serata, comportando dei dolorosissimi tagli ad alcune scalette (di cui tra l’altro ci scusiamo). Era difficile però rovinare l’atmosfera di festa che si era creata nel locale, di cui siamo stati estremamente fieri; dunque grazie, a tutti. Ecco il nostro live report.
Introduzione a cura di Ico
Live Report a cura di Ico, willbutcher & Sick
HOUR OF PENANCE + AGATHOCLES
+ Dehuman + Diorrhea + Damned Spring Fragrantia
Boulevard Rock Club, Misano Adriatico (RN)
20 / 10 / 2012
DAMNED SPRING FRAGRANTIA – a cura di Ico
Stranamente la gente comincia ad arrivare presto e quando iniziano a suonare i Damend Spring Fragrantia davanti al palco non c’è il vuoto che caratterizza spesso le esibizioni degli opener, ma un gruppetto di curiosi che sembra apprezzare fin da subito la proposta dei cinque. Sarebbe facile piazzare la band di Parma nel calderone delle tante realtà che oggigiorno rivisitano i Meshuggah in chiave “melodica” o distorta in maniera ossessiva e ripetitiva, ma per quanto il sound dei DSF poggi decisamente su ritmiche meshugghiane si potrebbe definire la loro musica un death moderno con qualche retaggio hardcore, accentuato forse dal tipo di performance del cantante (ma pure certi riff contribuiscono: un paio di questi ci hanno ricordato persino gli Azriel). Nel complesso, la prova dei Damned Spring Fragrantia convince e diverte, risultando godibile e non troppo anacronistica nel panorama generale della serata (nonostante si trattasse del gruppo più “moderno”), lasciandoci inoltre una certa curiosità di sentire il loro primo full-length di prossima pubblicazione, dal quale questa sera sono stati estratti diversi pezzi interessanti.
DIORRHEA – a cura di willbutcher
Che dire ancora sull’ennesimo show dei Diorrhea? Assolutamente nulla di nuovo! Lo spettacolo dei quattro, fatto di un grindcore demenziale, irrisorio, velocissimo e a tratti anche provocatorio rappresenta, per noi addetti ai lavori, una garanzia. Fa poi sempre piacere trovarsi davanti al palco tanti membri di altre band locali più o meno note (Muculords, Krydome, Carnality, Rutto, Whoreorgasm, ecc.) intenti nel ridersela di gusto, prendersi in giro, sfottere la band una canzone si e l’altra pure o cimentarsi nella difficilissima arte del mangiarsi panini con salsiccia (gentilmente offerta dai gestori del locale) in mezzo al pogo più totale, mentre litri di vino continuano a scorrere. Sotto l’aspetto prettamente performante, possiamo solo gustarci l’ennesima prova acrobatica del batterista-piovra Jacopo “Capro” Ruffini e le sempre più agghiaccianti smorfie del frontman Filo, in uno show tanto prevedibile quanto genuinamente divertente. A tutto ciò vorremmo aggiungere che farebbe infinitamente piacere ritrovarsi sempre in un clima tanto goliardico, piuttosto che sopportare dissapori, invidie o guerre fredde tra band (e non solo) che a nulla portano se non ad una forma idiota di presunta concorrenza all’interno di un mondo, quello della musica underground appunto, in cui la competizione non potrà mai esistere.
DEHUMAN – a cura di Sick
Dopo i primi due supporting acts locali, è arrivato il momento dei Dehuman, il primo gruppo straniero ad esibirsi nella serata. La band belga, che ha debuttato quest’anno con il primo full length Black Throne Of All Creation, si dimostra abile nel tenere il palco, riuscendo a gestire bene il pubblico e a coinvolgerlo, avendo avuto anche la fortuna di suonare all’orario in cui la gente cominciava ad essere tanta e vogliosa di un po’ di sano scapocciamento. Purtroppo, al di là della buona presenza sul palco, la proposta musicale dei Dehuman non è assolutamente nuova: un death metal classico contaminato molto dal thrash metal, che porta subito alla mente realtà come Morbid Angel, Suffocation, Death e Slayer. I riff della band belga, a parte qualcuno ben ritmato che poteva catturare qualche ascoltatore, sono risultati spesso troppo piatti e monotoni, togliendo parecchio interesse all’esibizione. I Dehuman sono dunque una band divertente da vedere dal vivo, a patto di non aspettarsi un concerto esaltante o indimenticabile.
AGATHOCLES – a cura di willbutcher
Quando giungue l’ora degli Agathocles, il trio belga sale sul palco e inizia a suonare in maniera tanto improvvisa che per poco nemmeno ci si rende conto. E’ però il susseguirsi delle canzoni in perfetto (ed essenziale) stile mincecore che porta i presenti ad avvicinarsi al palco, perché dinnanzi a tanta sana ignoranza e semplicità compositiva non si può certo rimanere indifferenti. Le canzoni si susseguono una dopo l’altra senza sensibili pause per tutta la durata del concerto e francamente non ci ricordiamo di avere assistito ad esecuzioni di brani che superassero i quaranta secondi totali. Il clima è sicuramente divertente e tante sono le (brutte) facce compiaciute. Il frontman Jan rompe una delle sole quattro corde della propria chitarra a pochi minuti dall’inizio delle danze, quando oramai sono state ultimate quasi una decina di canzoni ovviamente, ma lo show continua senza alcuna sostituzione o interruzione, come a voler dire: “A me due corde bastano e avanzano!”. Il concerto di per sé costituisce una piacevole sorpresa, anche alla luce di quest’ultimo inconveniente, ma la band c’è apparsa talmente statica ed assente da non poter non farci constatare di aver assistito all’ennesimo concerto fatto dall’ennesimo gruppo con carriera ultraventennale impegnato semplicemente nel portare a termine il classico compitino.
HOUR OF PENANCE – a cura di Sick & Ico
Finalmente, per chiudere la serata in bellezza, salgono sul palco gli headliner Hour Of Penance. La band romana, che appare sul palco del Boulevard a poco tempo dall’uscita dell’ultimo ottimo Sedition, si dimostra molto abile nell’esecuzione dei brani non sbagliando praticamente nulla e mettendo in luce tutta la tecnica e l’esperienza di cui è in possesso. Senza dubbio il componente che si mette più in evidenza, e sul quale c’era già in partenza una certa curiosità, è il nuovo batterista James Payne che stupisce mostrando un’incredibile padronanza del proprio strumento. Sfortunatamente l’atmosfera creatasi è in parte rovinata da un sound poco curato, che per il genere proposto dalla band è quasi fondamentale: le chitarre soprattutto hanno volumi troppo bassi, che privano i brani di quell’esplosività che è uno dei punti di forza della band su disco. Stesso discorso va fatto anche per la batteria, per un rullante probabilmente mal microfonato, che, soprattutto nelle parti di blast beats, si perdeva nel resto dei suoni. Sicuramente è stato un peccato, tuttavia i quattro sul palco non ne hanno risentito troppo e anche il pubblico ha dimostrato comunque di apprezzare. Chiunque abbia visto questo concerto, in ogni caso, probabilmente avrà capito perché gli Hour Of Penance sono considerati una delle band più significative per la scena death metal italiana: la risposta della tanta gente accorsa per loro è stata eloquente, in Italia c’è tanta voglia di questa musica e sono tanti ormai i gruppi che ci vengono invidiati anche all’estero. Se è così, è anche merito di questa band, che ha dato il via ad una vera rivoluzione “culturale” e che ora è giustamente in una posizione di assoluto rilievo nel panorama estremo mondiale.