Gli Hideous Divinity, a pochi mesi di distanza dalla pubblicazione del secondo album Cobra Verde uscito ad ottobre 2014 per Unique Leader, hanno ingigantito la loro fama guadagnandosi un posto d’onore tra le migliori realtà death metal emerse dal nostro paese (e non solo) attualmente in circolazione. Abbiamo colto l’opportunità di fare due chiacchiere con il chitarrista e riffmaster Enrico Schettino: vi riportiamo lo scambio di battute avvenuto.
Ciao ragazzi, benvenuti sulle pagine di Grind On The Road. Siete da poco reduci dall’apparizione al Neurotic Deathfest di quest’anno: come giudichereste ora la vostra esperienza in un evento così significativo, e come vi è parso il responso ricevuto dal pubblico nello stesso?
Ciao e grazie a voi, ci fa piacere chiacchierare di nuovo con GOTR! Il NDF è stata un’altra esperienza da ricordare in termini di performance, organizzazione e risposta del pubblico. La cosa veramente bella di questi festival è che non importa a che ora sia la tua esibizione, un pubblico foltissimo è già lì ad aspettarti, e a rimanere fino alla fine. Siamo stati accolti benissimo, la gente conosceva i nostri pezzi ed il coinvolgimento è andato in crescendo… del resto della giornata che dire? Che gli Obituary semplicemente hanno scelto di ignorare la nozione di tempo che passa, e che gli Immolation in tre fanno quello che non riescono a fare altri gruppi in sei.
Rimanendo in linea con la precedente domanda: a breve distanza dalla pubblicazione di Cobra Verde avete deciso di non perdere tempo e vi siete concessi ad un’intensa attività live, in Italia così come in Europa. Quali location e quali esperienze vi sono rimaste maggiormente impresse?
Grazie all’incredibile attività di promozione e live booking svolta dal nostro instancabile Tito Vespasiani, questo 2015 si sta rivelando così pieno di eventi che a stento riusciamo a stargli dietro. Ci sono già stati il Neurotic, il Road to Metalitalia, il Knüppelorgie in Austria, e ci saranno l’Obscene Extreme, lo Stonehenge ed il Kaltenbach Open Air (tra gli altri). Non ci scordiamo del Death From Above a Modena del 22 maggio assieme a Carnality e Demiurgon (che adoro)! Siamo davvero contenti di quello che stiamo realizzando. Del passato recente mi è rimasto impresso l’Aalborg Metalfest di fine anno scorso, assieme a Cannibal Corpse, Marduk, Entombed e Aeon… per l’Italia invece, difficile non parlare di ogni volta che siamo passati per il Circolo Colony di Brescia, per il sottoscritto il miglior palco italiano.
Sono intercorsi due anni tra la pubblicazione del vostro debutto e quest’ultimo disco. Sentite che in questo lasso di tempo sia avvenuto qualche cambiamento significativo nel vostro modo di scrivere musica o vedete il tutto come un affinamento, un lavoro di lima rispetto a quanto già presentato nel 2012?
Dal punto di vista del songwriting ci sono stati numerosi passi avanti all’interno di un metodo di lavoro che è rimasto sostanzialmente lo stesso. Obeisance Rising era un disco veloce e diretto, poco cervellotico per scelta, il cui obiettivo era presentarsi in maniera immediata alla più grande fetta del pubblico death metal con i giusti “hooks” e dei suoni ineccepibili per non dire paraculi; con Cobra Verde abbiamo lavorato sui momenti più riflessivi e dissonanti del disco precedente, sentendoci in dovere di puntare a qualcosa di più. Non mi stancherò mai di ricordare quanto il nostro secondo disco abbia beneficiato di quelle perle anomale del death metal prodotte nel 2013 da gruppi come Ulcerate, Gorguts, Defeated Sanity e Wormed.
Mi viene quasi naturale a questo punto domandare come funziona il processo di composizione in casa Hideous Divinity.
Presento al gruppo un’idea completa, e comincia la parte di arrangiamento, riarrangiamento, scrittura e riscrittura; in maniera parallela Enrico H. lavora ormai in quasi totale autonomia sulle metriche. A quel punto le due strade si incrociano e si arriva al prodotto finale. Il processo può durare giorni o mesi… se non ci piace, insomma, non è finito.
Una caratteristica condivisa dai vostri album è il concept a tema cinematografico: l’ispirazione è tratta nell’uno dal capolavoro che risponde al nome di They Live di Carpenter, mentre in Cobra Verde dall’omonima produzione firmata Werner Herzog. Da cosa deriva questa peculiare scelta stilistica?
Dalla noia, sostanzialmente. La noia delle solite tematiche trattate nel death metal. Allora ho pensato al concept cinematografico, ma cercando di evitare facili clichées o idee troppo spesso usate in passato. They Live era un’amara ghignante condanna del reaganesimo mai così attuale come oggi, e Cobra Verde era un kolossal epico con trama e budget da film underground: in altre parole, due film che gridano death metal in ogni scena. Sicuramente ripeteremo l’esperimento in futuro.
Considerata l’attuale sovrabbondanza di act più che validi e soluzioni riciclate fino all’eccesso, un gruppo death metal deve saper “colpire” come mai prima d’ora. C’è qualcosa in questo senso che ricercate per fare breccia in una frangia di pubblico sempre più attenta ed esigente?
L’originalità della composizione e non del singolo riff, il “respiro mitico”, la ricerca della musica che non si limiti a colpire ma che sappia anche evocare. Cerchiamo gli “hooks”, i ganci, che mantengono alta l’attenzione dell’ascoltatore: siamo un gruppo pop travestito (male). Sulla frangia di pubblico sempre più attenta ed esigente, però, a volte ho qualche dubbio…
La scena death metal italiana è da diversi anni a questa parte tra le più rinomate in ambito internazionale. Come vi sentite a far parte di questo panorama e come giudicate il suo stato attuale?
Siamo orgogliosi di farne parte, e ogni giorno sembra spuntare fuori un nuovo gruppo italiano giovane e assetato di sangue. La cosa più importante rispetto al passato (ahimè, nel mio caso il passato da prossimo sta diventando remoto) è che non si tratta di nuovi gruppi creati sempre dallo stesso pugno di musicisti, ma di nuovi gruppi fatti di gente nuova. In questo senso, il futuro è nelle loro mani.
Quali sono le vostre “ispirazioni” artisticamente parlando? Come gruppo avete un background più o meno condiviso od al contrario ognuno di voi si rifà a modelli differenti?
Siamo cinque individualità che suonano assieme, ognuno con delle influenze ben precise e ben distinte. Da Frank Zappa ed Amon Tobin (Giulio) allo street rock e l’industrial (Antonio), dall’assurdo connubio Kiss/Animals As Leaders (Stefano) a tutta una serie di ascolti che è meglio censurare in questa sede (Enrico H), quello che ci accomuna è la passione per quel genere che suoniamo, senza diventarne schiavi die-hard. Così ci permettiamo il lusso di stupirci ancora come un bambino che per la prima volta ha ascoltato gli Ulcerate. Personalmente, sono in attesa dell’ultimo Hate Eternal, che ci rimetterà tutti in riga dietro la lavagna.
Quali sono i vostri programmi per il futuro della band?
E’ tempo di cominciare a scrivere qualcosa di nuovo, altrimenti rischiamo di svegliarci una mattina e accorgerci che abbiamo passato due anni a gongolarci del nostro ultimo album senza avere qualcosa di nuovo su cui lavorare. Il primo a doversi dare una mossa sono io, perciò devo dimenticarmi dei miei natali capitolini e (ri)cominciare a pedalare.
Grazie per la vostra disponibilità, salutate i nostri lettori come preferite.
Grazie a voi dell’attenzione, ci si vede in giro (anzi, On The Road!), mi raccomando non mancate a Modena il 22 maggio!