(Bridge Nine Records, 2013)
1. Son Of The New Faith
2. Son Of The Tongue’s Prison
3. Son Of Four-Hands Way
4. Son Of The Carcinoma
5. Son Of Egoistic Love
6. Son Of Public Castration
7. Son Of The Cathartic Cave
8. Son Of The Black Mirror
Stanno crescendo in fretta, gli Hierophant. In un paio d’anni la band romagnola è diventata un nome piuttosto conosciuto a livello internazionale, ha accumulato esperienza sui palchi di mezza Europa e ora torna trionfante sul mercato con Great Mother: Holy Monster, nuovo disco che esce per la prestigiosa Bridge Nine Records e che fin da subito risulta essere un deciso passo avanti rispetto al debutto omonimo.
La formula è grossomodo la stessa dell’album di esordio: ad una base saldamente hardcore si aggiungono black metal, crust e sludge in dosi variabili. È cambiato però il modo in cui i ragazzi interpretano e trasmettono all’ascoltatore la propria musica. Una migliorata capacità di sintesi, grande immediatezza e maggiore varietà sono i principali punti di forza degli Hierophant del 2013: probabilmente ha influito la maturità acquisita attraverso la massiccia attività live, fatto sta che i nuovi brani risultano più concisi, compatti e godibili, nonostante la durata media non sia calata così drasticamente. Il più evidente difetto dell’opera precedente, che nel complesso era un po’ ostica da digerire, è stato annullato limando tutto quanto poteva essere considerato superfluo. Great Mother: Holy Monster sembra davvero concepito per essere ascoltato tutto d’un fiato, magari anche più volte consecutivamente, in virtù della sua durata complessiva (ventisette minuti che filano via in un attimo) e della scaletta volutamente scarna ma ben costruita. Il disco si apre con brani dalla facile presa e si chiude con gli episodi più pesanti, ma anche questo non è un artificio innaturale: è solo che alla fine la pesantezza ce l’hai dentro per forza. Non ha molto senso stilare un track-by-track, ci limitiamo perciò a citare i brani che restano maggiormente impressi, forse perché arrivano dopo che “Son Of The Carcinoma” arriva a risvegliare gli animi annichiliti dall’inizio arrembante (ma siamo già a metà disco): si tratta di “Son Of Egoistic Love” e “Son Of The Public Castration”, nelle quali si riesce ogni tanto a respirare e ad apprezzare meglio gli intrecci tra le chitarre di Lorenzo e Steve, e “Son Of The Cathartic Cave”, capace di farci cogliere tutti i singoli elementi che compongono il sound degli Hierophant, inclusa la poderosa sezione ritmica (Giacomo al basso, Ben alla batteria) e la voce di Carlo, decisamente più espressiva che in passato.
Great Mother: Holy Monster si configura insomma come un notevole salto di qualità per questi ragazzi, cosa che non risulterà strana a chiunque li abbia visti dal vivo recentemente. Gli Hierophant restano infatti soprattutto una live band, e probabilmente è giusto che sia così; tuttavia, con questo disco hanno alzato ulteriormente l’asticella, dimostrando di poter ambire a livelli sempre più alti e di poter un giorno superare i paragoni “scomodi” ai quali inevitabilmente sono sottoposti. In ogni caso, per quanto possa contare e senza voler per forza mettersi a fare confronti, a noi Great Mother piace anche più di Agnus Dei.
7.5