(Demons Run Amok, 2010)
1.Hermetic Sermon pt.1 (expectatio)
2. I Am I, You, Nobody
3. As Kalki
4. Mother Tiamat
5. Lambgoat
6. We Know Love
7. Abissus Abissum Invocat
8. 10.000 Winters
9. Hermetic Sermon pt.3 (The Ultimate Realization)
Un riff claustrofobico ed echi di urla provenienti da lontano, che progressivamente si avvicinano mentre il suono diventa più spesso e robusto e il cielo si offusca sempre più. Poi le urla esplodono, cupe e disperate, e ci accompagnano in mezzo alle tenebre che lentamente, con passo marziale, gli strumenti stanno creando. Si dia inizio alle danze, signori: gli Hierophant si presentano con stile.
Vi siete messi comodi, dopo questa intro? Avete sbagliato, perché già dalla seconda traccia cominciano gli schiaffi. “I Am I, You, Nobody” è la prima tremenda mazzata hardcore dell’album. L’hardcore di questi ragazzi si presenta subito cupo ma tagliente, claustrofobico (l’abbiamo già detto?) ma avvolgente, contaminato ma in maniera molto, molto personale. Per quanto infatti il gruppo sbandieri influenze black metal, gli ingredienti rintracciabili nell’album sono molti altri, e il black metal riveste una parte in realtà non predominante (per fortuna, aggiungono i maligni).
Per darvi un termine di paragone, la musica di questo Hierophant si avvicina non poco a quanto abbiamo potuto sentire nell’ultimo, bellissimo, Solve et Coagula dei The Secret; togliete giusto il tocco crust che si poteva sentire in quell’album e aggiungete all’atmosfera post-hardcore generale alcuni richiami al doom, peraltro molto azzeccati. Un altro punto di contatto con l’ultima fatica dei The Secret è la pesantezza quasi “fisica” di tutti i brani nell’insieme: entrambi gli album sono mattoni da mandar giù in un sol colpo per sperimentare appieno la furia nichilista che traspare da ogni singola nota.
E questo non vuol dire che Hierophant sia un album monotono, anzi! Se è vero che l’atmosfera cupa resta sempre la stessa, si apprezza una notevole varietà stilistica, soprattutto una grande abilità dei chitarristi nel passare da schegge hardcore (metal) in stile Integrity a efficaci rallentamenti che danno vita ad autentici macigni, in cui sono evidenti sia le influenze doom sia quelle post, basate su una pachidermica sezione ritmica che lascia davvero senza respiro. Il risultato generale è molto efficace: un pezzo come “As Kalki” (dove troviamo come ospite il mitico Dwid Hellion dei succitati Integrity) con la sua ragionata furia ha tutte le carte in regola per diventare uno degli inni hardcore dell’anno, ma è in pezzi come “10.000 Winters” o “Mother Tiamat” (la preferita del sottoscritto), quando cioè gli Hierophant lasciano venire a galla le contaminazioni di cui sopra (compresi i richiami al black, certamente), che viene fuori tutta la personalità e l’originalità di questi ragazzi, capaci in questo modo di sprigionare la loro “energia negativa” in maniera ancor più efficace, anche grazie ad un notevole gusto melodico.
In sintesi, Hierophant è un disco difficile, tanto da recensire quanto da ascoltare. Tuttavia, se avrete la pazienza di ascoltarlo e “digerirlo” più volte, sarete catturati dalla negatività che è capace di trasmettere; l’unica reale pecca del disco è forse proprio questa, la difficoltà nell’assimilarlo. Sviluppando ulteriormente le già buonissime idee messe in mostra in questo debutto, soprattutto nelle parti più ragionate, gli Hierophant saranno in grado di raggiungere, e magari anche superare, il livello di maestria dimostrato recentemente dai The Secret. In fondo, questo è solo il loro album di debutto; di questo passo, ne vedremo delle belle…
Ah, giusto! Gli Hierophant sono italiani…
7.0