(E1 Entertainment, 2012)
01. Murderer
02. For The Wicked
03. Chaos: Reborn
04. Deceiver
05. Falling Away
06. Absolute Horror
07. Angry Letters To God
08. Baptized In Filth
09. My Light Unseen
10. Death, Ascension. Resurrection
La caratteristica più particolare dei deathcorers californiani Impending Doom è da ricercarsi nella loro attitudine religiosa e nella spiritualità dei loro testi e dei loro ideali, portati avanti a suon di pane e metallo sin dall’EP d’esordio The Sin and Doom of Godless Man (un titolo che è tutto un programma), uscito nel 2005.
Da allora la band ha pubblicato il valido disco d’esordio Nailed.Dead.Risen. (uscito via Facedown Records nel 2007), con il quale si faceva autrice di un brutal death metal con qualche velatura di matrice deathcore qua e là. Due anni dopo la svolta: gli Impending Doom cedono alla tentazione delle sonorità più in voga e pubblicano The Serpent’s Servant, tagliando tutti i ponti col passato votandosi al deathcore più dozzinale e derivativo. Il risultato fu un disco mediocre, in cui lo spettro dei Whitechapel (usciti un anno prima con This is Exile) appariva più volte tra innumerevoli breakdown e ritmiche sincopate, tipiche del combo del Tennessee . Di lì in poi la solfa è stata sempre la stessa, infatti il terzo studio album There Will be Violence (di nuovo Facedown Records, 2010), seppur più efficace e compatto del suo predecessore, adottava praticamente tutti i cliché tipici del deathcore, puntando tutto sull’impatto delle composizioni e della potenza di fuoco delle ritmiche, grazie anche ad una produzione bombastica.
Giunti al quarto studio-album i “chierichetti” di Riverside, immutevoli come le pratiche della messa domenicale, continuano a professare il loro credo religioso con Baptized in Filth, mettendo in piedi l’ennesimo platter fatto col copia/incolla; chitarroni low tuned, breakdown a non finire, ritmiche sincopate alternate ad altre più cadenzate e sospese con improvvise accelerazioni death metal. Già con la traccia d’apertura “Murderer” si capisce subito che gli Impending Doom non hanno perso la via tracciata in passato e continuano imperterriti a macinare riff trita-tutto, sorretti anche questa volta da una sezione ritmica essenziale e da una produzione più pesante che mai. Il loro sound è tanto potente quanto stereotipato, e se non avessero sviluppato un certo orecchio per queste sonorità (grazie a diversi anni di militanza nel settore) il risultato potrebbe essersi rivelato un disastro totale, ma per fortuna questo Baptized in Filth si mantiene sempre entro livelli accettabili.
Se conoscete già i precedenti lavori di questa band conoscerete questo album già prima di ascoltarlo, e non nascondiamo che chi, come chi scrive, li preferiva ai tempi di Nailed.Dead.Risen. (e se proprio vuole una dose di deathcore preferisce interpellare i già citati Whitechapel di Phil Bozeman & Co.) troverà diversi motivi per interrompere l’ascolto a causa della noia indotta dalla staticità stilistica della band. Chi invece fa del deathcore il suo pane quotidiano, ed ha apprezzato i precedenti capitoli in studio degli Impending Doom,troverà con Baptized in Filth una piacevole conferma.
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