(Listenable Records, 2012)
1. Invoked Infinity;
2. Ascend into the Eternal;
3. Progeny Of Tyranny;
4. Transcend into Absolute Dissolution;
5. Haruspex;
6. Vanquish in Vengeance;
7. Profound Loathing;
8. The Hellions Genesis;
9. From Hollow Sands;
10. Legion of Dis
A distanza di sei anni da Primordial Domination, torna sulle scene uno dei gruppi cardine del metal estremo: gli Incantation. Giunti ora al terzo disco con John McEntee (Mortician e Funerus fra i maggiori) a ricoprire in modo stabile anche il ruolo di vocalist, gli americani ci propongono un’uscita che può sicuramente annoverarsi fra le migliori nella loro discografia. Senza andare troppo a scomodare i primi due seminali album Onward To Golgotha e Mortal Throne Of Nazarene, irraggiungibili anche per gli Incantation stessi, si può dire che i nostri non abbiamo mai fallito un’uscita, proponendo sempre e comunque un buon death metal melmoso e vecchia scuola pur senza eccellere come ai tempi di Craig Pillard (ora negli ottimi Disma e nei Methadrone).
Sempre in bilico fra morbosità anti cristiane, rallentamenti paurosi e ripartenze al fulmicotone, gli Incantation mostrano innegabilmente di essere ancora in ottima forma dopo vent’anni di carriera. Lo stile non è cambiato di una virgola anche dalle uscite precedenti, nonostante Vanquish in Vengeance sembri ritrovare una vena compositiva che negli ultimi tempi sembrava essersi leggermente affievolita (per gli standard del gruppo, ovviamente), lasciando l’ascoltatore a bocca aperta dopo ogni brano. Come sempre (oltre ad un po’ di autocitazionismo nell’incipit di “Invoked Infinity”), accanto a brani decisamente più votati alla velocità come la titletrack, “Progeny Of Tyranny” o la clamorosa “From Hollow Sands”, tipici del death metal di stampo americano, ci imbattiamo in rallentamenti death/doom da antologia: “Transcend into Absolute Dissolution” è la prima che incontriamo e che mostra qualche gradito richiamo ai Morbid Angel periodo Domination, a seguire (quasi a creare un climax di lunghezza e blasfemia) “Profound Loathing” per chiudere con la pesantissima “Legion of Dis”. Quest’ultima fa risaltare un’inaspettata lacerante anima al limite del funeral doom, dove può trovare ampio spazio il cantato di McEntee, in forma egregia, che in certi passaggi sembra quasi voler letteralmente vomitare la propria potenza vocale dalle casse dello stereo.
Sperando che McEntee abbia ancora una parvenza di gola dopo le registrazioni di “Legion Of Dis”, possiamo tranquillamente dire che gli Incantation hanno di nuovo colpito nel segno: come nella miglior tradizione old school non ci sono innovazioni di alcun tipo, ma solo tanto, tantissimo death metal nella sua condizione più primordiale e genuina. Parafrasando una nota pubblicità: “Incantation, what else?“.
7.5