(Ipecac, 2012)
01. Threshold Of Transformation (demo)
02. Ghost Key (alternate demo version)
03. Wills Dissolve (alternate demo version)
04. Carry (demo)
05. False Light (demo)
06. Grey Divide (demo)
07. Streetcleaner (GODFLESH cover, recorded in 1999)
08. Hand Of Doom (BLACK SABBATH cover, originally released on the “Sawblade” CD, 1999)
09. Not In Rivers, But In Drops (MELVINS/LUSTMORD remix; originally released on “Holy Tears”, 2007)
10. Holy Tears (Thomas Dimuzio remix; originally released on “Nirbid”, 2008)
11. Temporal (Recorded in 2009)
12. Way Through Woven Branches (Originally released on MELVINS/ISIS split LP, 2010)
13. Pliable Foe (Originally released on MELVINS/ISIS split LP, 2010)
14. 20 Minutes/40 Years (Acoustic version)
Sì, forse c’era da aspettarselo. A distanza di due anni dallo scioglimento degli Isis e al termine di un periodaccio culminato con la chiusura della Hydra Head (etichetta cardine del post-hc sperimentale e proprietà di Aaron Turner, voce-chitarra-mente del gruppo), ecco spuntare il primo b-sides postumo del quintetto di Boston. Che qualche ingranaggio si fosse arrugginito s’era già percepito anche prima dell’ultima uscita discografica del 2009, Wavering Radiant, dove gli Isis si erano dimostrati, se non un po’ spompi, di sicuro a corto di idee vincenti. Eh già, perché dopo aver tracciato una linea sulla sabbia con quel capolavoro di Panopticon e aver sfidato tutti a superarla, il quintetto ha finito con l’oltrepassarla di ben due lunghezze prima di spiaggiarsi definitivamente nel 2010.
Non è così facile recensire una raccolta di singoli, inediti o remix, perché se da una parte non la si può considerare un’uscita discografica figlia di un particolare momento nella vita di una band, dall’altra può essere intesa come il riassunto di un’intera carriera, e un modo per mettere la parola fine ad un capitolo musicale di un certo spessore. Questo è un po’ il caso degli Isis, che grazie alla sempre fedele Ipecac licenziano con Temporal un insieme di rarità più che una raccolta di singoli. Infatti, quella che all’apparenza può sembrare una bieca manovra commerciale per raccattare qualche spicciolo all’ombra di un defunto illustre, è in realtà un’occasione ghiotta per addentrarsi nel cuore sconosciuto della band e scansionare gli embrioni dai quali si sono sviluppati e sono venuti alla luce capolavori del calibro di Celestial, Oceanic e il succitato Panopticon (i timpani di chi scrive portano ancora i segni della data torinese del maggio 2005 agli Antidox). È curioso come ascoltando questi demo trasparisca quel lato umano degli Isis finora ignoto a chi era abituato alla pulizia e alla fredda precisione esecutiva tipiche dei loro parti discografici, ed è quindi ancora più bello pensare che – in quanto comuni mortali – pure loro abbiano sentito il bisogno tra un disco e l’altro di prepararsi alle sessioni in studio con pre-produzioni un po’ più grossolane di pezzi che ancora non avevano una forma definitiva.
Ma la parte più saporita è accorgersi di come molti brani, spogliati delle migliorie sonore apportate in fase di missaggio e post-produzione, presentino suoni meno grassi e lascino trasparire sfumature più leggere riconducibili a derive post-rock più che post-hc, oltre che a piccole e onestissime sbavature. In alcuni demo la voce è addirittura eccessivamente in primo piano rispetto agli strumenti (“Threshold of Transformation”, ad esempio), un particolare non troppo evidente su disco, e le chitarre – meno aggressive e debordanti del solito – lasciano intravedere lo scheletro ritmico dei pezzi e ne mettono a nudo lo sviluppo dinamico. Un caso a parte sono ovviamente i remix dei due brani tratti da In The Absence Of Truth (“Holy Tears” e “Not in Rivers, but in Drops”), dove le strutture e le spigolosità delle versioni originali vengono smussate o enfatizzate dalle scelte di missaggio di Thomas Dimuzio e Melvins/Lustmord rispettivamente. Nella tracklist spiccano anche, più per mera presenza che per bellezza, due cover di gruppi che possono essere riletti come precursori del suono dei bostoniani. Una è “Hand of Doom” dei Black Sabbath – in un certo senso i prozii del post-hc e di molti altri generi – l’altra invece è “Streetcleaner” dei Godflesh. “E chi altri avrebbero potuto coverizzare sennò?” verrebbe da chiedersi, visto che dalle band inglesi gli Isis hanno ereditato non solo un certo grigiore industriale, ma anche la propensione alla telluricità e la reiterazione del riff come elemento portante nell’evoluzione/struttura dei brani. Per quel che riguarda i pezzi inediti purtroppo non c’è molto da dire: ascoltandoli non si capta nulla di nuovo rispetto agli standard dell’ultimo periodo, e sono tutti ascrivibili alla svolta melodica dei due dischi fatti uscire prima dello scioglimento.
Completano la raccolta una versione di “Wills Dissolve” (da Panopticon) sprovvista di voce e leggermente variata sul finale, i demo di “Ghost Key” (da Wavering Radiant) e “Carry” (da Oceanic), e un’insolita e riuscita versione strumentale di “20 Minutes 40 Years” (da Wavering Radiant), davvero pregevole; rimane solo un po’ l’amaro in bocca per l’assenza di materiale relativo ai lavori più anziani come Celestial e gli Ep che l’hanno preceduto. Insomma, Temporal è un disco per fan sfegatati e filologi del post-metal.
6.5