(The Mylene Sheath, 2014)
1. Blind Them With Science
2. Emergent
3. Magna Carta
4. Harmonia
5. Resolve
6. Darkness
7. Sines
Un pittore che trova di colpo l’ispirazione, dopo troppo tempo davanti ad una tela bianca, e dal nulla dipinge il proprio capolavoro, con colori caldi e malinconici, tipici di quando è l’aspetto emotivo a prevalere.
Questo, in due semplici righe, è Sines, quarto album dei neozelandesi Jakob, che arriva ben sei anni dopo l’ottimo Solace. Un lavoro che sorprende, per genuinità, impatto ed una malinconia positiva che si sprigiona durante tutta la durata del disco, quasi a volerci ricordare che, nonostante la lunga e forzata pausa dovuta ad una miriade di eventi sfortunati, i Jakob sono ancora qui. Ogni singolo momento dell’album è reso alla perfezione, in un caleidoscopico mix che fa si che il post-rock strumentale (con qualche sporadica ma efficacissima accelerata) dei neozelandesi crei una spirale di calore attorno all’ascoltatore, essenziale e curativa. A poco serve citare qualche traccia in particolare, basti dire che “Blind Them With Science” rappresenta insieme lettera di scusa per la forzata assenza e rinnovato biglietto da visita, o che “Harmonia” è un travagliato tappeto di luce verso un’agognata tranquillità che il gruppo sembra aver finalmente ritrovato.
Difficile trovare, nel 2014, un disco che riesca così tanto a sfuggire alle etichette, un lavoro che sì, è classificabile sotto il vessillo del post rock strumentale, ma esula in fondo da qualsiasi genere. Perché post rock è certamente, ma in fondo chi se ne frega, è Musica che dà calore, emozione, slancio nella difficoltà. Una volta tanto, quindi, non chiuderò la recensione con potenziali riferimenti ad altri gruppi, ma con due esortazioni. Al lettore che ancora non l’avesse sentito, di recuperarlo quanto prima, e un’altra ai Jakob stessi: non fateci aspettare altri sei anni.
8.0