Molti dei protagonisti di questa serata hanno eroicamente attraversato lande (molto) innevate per raggiungere una Romagna in piena emergenza alluvione. Contro ogni apparente logica, per la nostra gioia, al Bronson si è comunque svolta una serata imperdibile, una delle ultime date del tour in cui s’è imbarcato Johnny Mox, con i Gazebo Penguins come backing band, per mettere in scena i pezzi dell’ultimo, bellissimo Obstinate Sermons. In apertura c’è un’altra band tornata alla ribalta con un ottimo album nel 2015, i Valerian Swing.
Johnny Mox (with Gazebo Penguins) + Valerian Swing
Bronson, Madonna dell’Albero (RA)
07 / 02 / 2015
VALERIAN SWING
I Valerian Swing hanno appena cominciato a suonare quando arriviamo al Bronson, e noi ci sentiamo subito a casa. Ci mettiamo davvero poco a posizionarci sulla loro stessa lunghezza d’onda (o quantomeno, visti i personaggi in questione, il più vicino possibile) e subito la sensazione è che sia passato un nanosecondo dall’ultima volta che li abbiamo visti. In realtà è passato, a memoria, più di un anno: Aurora non era ancora uscito, avevamo parecchio consumato A Sailor Lost Around The Earth e come al solito eravamo rimasti colpiti dall’energia che i tre emiliani sono capaci di sprigionare dal vivo. Oggi qualcosa è cambiato, a partire dal non secondario dettaglio della presenza di una seconda chitarra al posto del basso, eppure allo stesso tempo nulla sembra essere davvero cambiato e per una volta è un bene. Nonostante infatti sul nuovo disco si colgano diversi spunti nuovi rispetto al passato, dal vivo i Valerian Swing continuano a possedere una magnifica capacità di semplificazione che permette di apprezzarne la naturalezza dei movimenti prima che l’abilità nell’esecuzione, rendendo il loro show un vero concerto e non semplicemente una “riproduzione di brani dal vivo”, come spesso accade con altre band “post rock” in senso lato. La mezz’ora abbondante a loro disposizione risulta coinvolgente e carica di ottime sensazioni, loro si confermano ancora una volta una band allo stesso tempo genuinamente feroce e naturalmente elegante.
JOHNNY MOX (with Gazebo Penguins)
Spesso i live report sono noiosi da leggere, probabilmente anche questo lo è. Ciò che rende noioso una descrizione di un concerto è che nella maggior parte dei casi si tratta solo di raccontare cosa suona una band e come lo suona. Ecco, il bello di uno show di Johnny Mox è che succedono cose, non ci si annoia nemmeno per un attimo, perché dietro ci sono idee chiare, pianificazione e istintività allo steso tempo, e una ricerca della performance migliore attraverso tempi teatrali; è un flusso di pensieri, parole e musica in continuo crescendo. Si parte con Taraborelli solo, nella sua veste classica, che invoca “more power” come nella traccia d’apertura dell’ultimo album. Mox va avanti in solitaria per una ventina di minuti, un momento curvo sulla loopstation, un momento dopo in piedi sulla grancassa della sua batteria, a declamare sermoni carichi di significato e soprattutto musicalità. Diventa così evidente la simbiosi tra il musicista e il personaggio nato e costruito attorno al discorso musicale, quel Johnny Mox che è davvero un predicatore carismatico impegnato ad indottrinare un pubblico sempre più convinto. A metà concerto, dopo un breve intervallo sotto forma di simpatico “seminario” sul beatboxing, si cambia scenario e sale la band, composta per metà da membri dei Gazebo Penguins e per metà da musicisti provenienti da Trento come lo stesso Taraborelli. E il concerto, già prima di altissimo livello, diventa qualcosa di assolutamente memorabile: si comincia con l’ormai classica “Oh Reverend” (nella sua versione “dura”, più o meno simile a quella ascoltabile su Santa Massenza) e poi si va avanti con i brani di Obstinate Sermons. A sorprendere di più sono proprio questi brani, che in sede live acquistano un “tiro” difficilmente immaginabile quando li si ascolta su disco. L’immagine del “frontman hardcore punk” invocata in sede di recensione diventa quasi limitativa per Taraborelli, unico vero mattatore dello show, che detta i tempi e catalizza l’energia profusa dagli altri musicisti in una performance istrionica. I volumi sono altissimi, l’intensità pure; la versione offerta stasera di “Endless Scrolling”, arricchita da un finale evocativo semplicemente da brividi, è una delle cose più pesanti e godibili che abbiamo avuto il piacere di vedere e sentire ultimamente. Questa è una band che avrebbe ragione di esistere sempre; invece, Gianluca ci ha confermato (nell’intervista che trovate su queste pagine) che si tratta di un’esperienza a tempo determinato che finirà presto. Ci riteniamo dunque ancor più fortunati ad aver assistito ad un simile spettacolo, e allo stesso tempo non vediamo l’ora di scoprire le future nuove manifestazioni del Reverendo Mox.