(Woodworm Music, Macina Dischi, Escape From Today, To Lose La Track, Sonatine, Musica per Organi Caldi, Annoying Records, Strom, V4V, 2014)
1. They told me to have faith and all I got was the sacred dirt of my empty hands
2. A War Sermon
3. Praise The Stubborn
4. Ex Teachers
5. O’ Brothers
6. Endless Scrolling
7. The Winners
8. The Long Drape
9. King Malik
Son passati ormai due mesi dall’uscita di Obstinate Sermons, ma non per questo sentiamo in misura minore il dovere di parlarne. Per quanto infatti appartenga forse ad un mondo lontano da quello di molti nostri lettori abituali, il poliedrico Johnny Mox ha tirato fuori uno degli album più belli ascoltati lo scorso anno, un disco molto diverso dal precedente We=Trouble, se volete anche meno sperimentale, ma così genuinamente rock che è difficile non innamorarsene subito.
“More power, more power, more power”: la traccia d’apertura è allo stesso tempo invocazione alle Muse e sermone, il primo di una lunga serie, come ci si aspetta in fondo da Gianluca Taraborelli. Ma è anche e soprattutto il manifesto del “nuovo” sound di Johnny Mox, in cui la voce è sì sempre in primo piano ma non più protagonista assoluta. Ci sono ancora i loop vocali, il beatbox, ma tutti i virtuosismi vocali che avevano reso We=Trouble un fenomeno underground sono qui utilizzati in maniera più funzionale, messi al servizio di brani che presentano una forma-canzone decisamente marcata ed evidente. I confini entro cui si muove il musicista trentino sono ora molto più ampi, alla già nota mescolanza di soul, gospel, punk si aggiungono spunti ai limiti dell’industrial e del garage; più di tutto, come già detto, Obstinate Sermons è un disco rock, che cresce d’intensità fino a esplodere con “The Winners”, pezzo di una cafonaggine incredibile che allontana parecchio Johnny Mox dall’abusata immagine del “reverendo” e lo avvicina più ad un tatuatissimo frontman di estrazione hardcore punk. L’album si chiude con l’onirica “The Long Drape” e con “King Malik”, brano orientaleggiante che per atmosfere rimanda alla vecchia “Benghazi”, pur presentando ancora una volta quei bei chitarroni disseminati in tutto il disco che ad un primo ascolto quasi nascondono le acrobazie vocali di Taraborelli.
Chi segue da tempo le gesta di questo eroe nazionale poteva aver già notato presagi di cosa sarebbe successo nello split coi Gazebo Penguins, Santa Massenza, ma era comunque difficile immaginarsi una tale evoluzione dopo un full-length tanto acclamato come We=Trouble. Invece, con Obstinate Sermons Johnny Mox ha deciso di mescolare le carte, regalandoci un disco irresistibile, espressione di un artista dalla personalità evidentemente strabordante che, speriamo, ci terrà compagnia ancora a lungo.
8.0