Non molto tempo fa abbiamo recensito il debutto dei Lamantide, e siamo rimasti molto positivamente impressionati dalla proposta della band cremonese, capace di rielaborare la lezione di grandi maestri dell’hardcore più cupo ed evoluto con grande personalità e immediatezza, non senza trovate intelligenti e ricercate, come l’uso del latino e dell’italiano per i testi dei brevi e coinvolgenti brani. Proprio con l’autore di questi testi, oltre che co-fondatore della band, abbiamo deciso di scambiare qualche battuta: ne è venuta fuori una chiacchierata sicuramente interessante e piena di spunti di riflessione particolari, che probabilmente incuriosirà molti di voi ad andare ad ascoltare una band dotata di una profondità che non è facile cogliere al primo impatto. Ecco come il cantante Marco ha risposto alle nostre domande.
Cominciamo nel più classico dei modi: presentiamo i Lamantide a chi non vi conoscesse, raccontando chi sono e qual è la loro storia.
Lamantide sono fondamentalmente 4 amici, 4 persone accomunate dalla necessità di esprimersi attraverso la musica. Siamo nati alla fine del 2009 nella provincia cremonese; nell’autunno 2011 ci siamo fermati per qualche mese a causa di un sostanziale cambio di formazione. Ora abbiamo una nuova sezione ritmica e siamo di nuovo vivi .
Parliamo invece del vostro disco omonimo, uscito l’anno scorso e positivamente recensito sulle nostre pagine: siete soddisfatti del risultato?
Abbiamo registrato il disco a Vicenza, al Raptor Strudio di Matteo “Ciube” Tabacco nel 2010. Siamo molto contenti del risultato e della scelta. Volevamo un suono di nervi e carne, così è stato.
Mi sono molto divertito, mentre scrivevo la recensione del vostro disco, a tentare di descrivere il vostro sound senza nominare gruppi simili a voi. Tuttavia, non si può dire che la vostra proposta sia totalmente “nuova”: quali sono i punti di riferimento (a livello di bands che vi hanno influenzato ma non solo) dei Lamantide in fase di composizione?
Quando scriviamo i pezzi in noi risuonano e affiorano gruppi che amiamo, ti posso citare grandissimi esempi come Converge, Botch,Today is the Day, Breach, Zao, Neurosis, Integrity, Rorschach, Kiss It Goodbye, Pulling Teeth, Orchid, Cursed, Entombed, Negazione. Poi se ci esce un riff alla Black Sabbath mica ci rammarichiamo, anzi! Scherzi a parte obbiettivo prioritario è creare musica onesta, sincera e viscerale. Iperrealismi , poseraggi e artifici non ci interessano proprio!
E come descrivereste voi la vostra musica?
Se possibile vorrei fosse racchiusa in questa immagine di Escher. Ogni entità contiene e di conseguenza riflette il suo opposto.
Si fa un gran parlare, negli ultimi tempi, di “black-hardcore”, ma questa definizione non mi piace per niente. Preferisco parlare piuttosto di “hardcore cupo”, visto che la base hardcore, nella vostra musica ad esempio, è evidente. Nei vostri pezzi però, a differenza di quello che prevede il “trend” comune, vedo molto più l’hardcore “evoluto e schizofrenico” di Botch o Converge, imbastardito sì con sonorità più cupe (ma parlare di black è comunque eccessivo, nonostante io stesso per comodità descrittiva abbia utilizzato questa parola). Cosa ne pensate voi di questo “filone musicale”, in generale e in rapporto alla vostra musica?
Penso che la tua scelta sia azzeccata. La componente black si lega a noi dal punto di vista cromatico più che da quello prettamente musicale. Solo io apprezzo black metal all’interno del gruppo preferendo spesso gruppi della vecchia scuola. Passerà per molti il trend e l’infatuazione modaiola per il “black hardcore”, moriranno come effimeri i gruppi farsa e resteranno solo quelli veri e meritevoli. Almeno spero! Eccoti tre gruppi della nuova ondata che apprezzo : Deafheaven, Tombs e The Secret.
Passiamo ai testi, che mi sembrano uno dei punti di forza e di maggior fascino della vostra proposta. Come nasce l’idea di mescolare l’italiano con il latino? Qual è lo “scopo” di questa scelta? E qual è il messaggio che vuole trasparire dalla musica dei Lamantide?
Molte grazie. L’idea nasce dall’acquisizione teorica e pratica secondo cui il latino sia in grado di smuovere qualcosa dentro noi, facendo risuonare corde arcaiche… suggestioni spirituali annodate al nostro passato. La lingua italiana è una fucina inesauribile di termini sublimi e carnali, l’unica che potrei utilizzare. Da ciò puoi dedurne che si tratta di un bisogno più che di una scelta a tavolino. Leggere poesie e testi eccelsi di Enzo Fabiani, Giovanni Giudici, Camillo Sbarbaro, Clemente Rebora, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Gesualdo Bufalino, Giorgio Caproni , etc, mi ha fatto comprendere l’importanza della Parola. Bibbia e Divina Commedia hanno chiuso dall’alto il cerchio. Menzione obbligata va a Giovanni Lindo Ferretti, e al suo scortecciare Parole… per il sottoscritto un punto fermo. Questo discorso va al di là di categorie religiose istituzionalmente affermate. Ognuno può trovare messaggi differenti nella lettura dello stesso testo, da parte mia nessuna ipotesi è da accantonare. L’idea o se preferisci il manifesto d’intenti che mi guida è racchiuso in questa meravigliosa poesia di Giovanni Giudici :
La vita in versi
Metti in versi la vita, trascrivi
fedelmente, senza tacere
particolare alcuno, l’evidenza dei vivi.
Ma non dimenticare che vedere non è
sapere, né potere, bensì ridicolo
un altro voler essere che te.
Nel sotto e nel soprammondo s’allacciano
complicità di visceri, saettando occhiate
d’accordi. E gli astanti s’affacciano
al limbo delle intermedie balaustre:
applaudono, compiangono entrambi i sensi
del sublime – l’infame, l’illustre.
Inoltre metti in versi che morire
è possibile più che nascere
e in ogni caso l’essere è più del dire.
Un altro punto di forza del vostro disco, come già sottolineato in sede di recensione, è la lunghezza limitata. Sembra che tutti i pezzi siano nati per essere immediati e trasmettere l’urgenza espressiva che vi caratterizza. E’ una scelta voluta o un risultato “venuto da sé”?
Entrambe. Sicuramente l’urgenza espressiva spinge sull’acceleratore, in tutti i sensi. Sai, penso sia nocivo arginare ciò che tende a tracimare e prendere velocità. Meglio lasciarlo correre fino a valle e poi vedere il da farsi.
Com’è nata l’idea della cover di “O Fortuna” dei Botch? E’ stato quel brano a farvi venire l’idea di cantare in latino o viceversa è stato il cantato in latino a spingervi a rielaborare proprio quel pezzo?
Botch è uno di quei gruppi che non smetteremo mai di ascoltare. Rimarranno sempre. Quella scelta ci sembrava doverosa e opportuna. Capace inoltre di rendere appieno il mood del disco. E’ bastato uno sguardo, muta approvazione tra me ed Ale.
Cosa ci dobbiamo aspettare da un live show dei Lamantide?
L’urgenza si traduce in intensità. Pertanto lasciamo fluire in maniera naturale l’estremo bisogno di comunicare le emozioni che in quel dato momento ci attraversano. Penso che questa possa essere una definizione calzante del termine, purtroppo oggigiorno abusato e distorto, emo.
Progetti per il futuro?
Suonare fuori il più possibile per rodare una formazione nuova per metà e scrivere i pezzi che andranno a finire nello split con Male Misandria, gruppo spaccaossa di Pordenone [abbiamo parlato di loro su queste pagine qui, NdR]. L’idea è nata in un battibaleno, abbiamo riscontrato parecchie affinità con i ragazzi friulani, quindi dopo un rapido scambio di battute con Matteo della Grindpromotion il matrimonio sembra proprio da farsi.
Grazie mille per la vostra disponibilità, spero di vedervi presto su un palco. Salutate i nostri lettori come preferite!
Grazie a te Enrico, della disponibilità e del supporto. La scena italiana ha bisogno di visibilità, la merita senza dubbio. UP PATRIOTS TO ARMS.