(Autoproduzione, 2011)
1. Invocazione
2. Adi Shak Ti
3. E i Giorni Una Maceria
4. Esistere
5. Nihil Ergo Sum
6. Senza Calore
7. Misero, Grido
8. O Fortuna
9. Ultimo Sangue
Colta ma brutale, immediata ma ragionata, oscura ma vitale, hardcore cupo ma non solo. La musica dei Lamantide vive di affascinanti contrasti, e questo disco omonimo ci mostra come questi ragazzi di Cremona sappiano combinare tutte queste qualità alla perfezione e travolgere e sorprendere l’ascoltatore in appena venti minuti.
Lamantide è un album che spiazza, ma che incuriosisce e impressiona fin dal primo ascolto. Dietro ad un’apparente maschera di hardcore imbastardito da black, crust e noise (una formula con cui provano a cimentarsi in molti ultimamente, con esiti non sempre esaltanti), si nasconde un’intelaiatura complessa: il disco è composto da 9 brani molto corti (solo tre superano i tre minuti, tutti gli altri durano meno di due minuti), ma ognuno è dotato di una propria “personalità”. Un album hardcore (diciamo così, per comodità) di questo tipo spesso viene descritto come un disco da gustare tutto d’un fiato, ma per i Lamantide questo è vero solo per l’esigua durata del disco, perché ogni brano nasconde una ricerca compositiva e lirica tutta particolare, apprezzabile appieno probabilmente solo se siete in possesso dei testi, presenti sull’artwork semplice ma originale e curato.
I testi della band cremonese sono infatti in italiano con brevi intermezzi in latino, una scelta inusuale che, se per alcuni può denotare snobismo, sicuramente impreziosisce ancora di più la proposta del quartetto cremonese. E se questo è evidente nella penultima traccia “O Fortuna”, incredibile e surreale riproposizione in chiave hardcore/black metal del celeberrimo componimento dei Carmina Burana medioevali, ancora più particolare è l’alternanza di linguaggi in un pezzo come “Nihil Ergo Sum”. In generale, la voce accompagna sempre un impalcatura chitarristica rabbiosa, che crea un’atmosfera a tratti malinconica e sofferente (“E i Giorni Una Miseria”, forse il pezzo più immediato), a tratti davvero opprimente e claustrofobica nella sua urgenza espressiva.
E’ difficile riassumere in poche parole un giudizio per questi talentuosi e ispirati musicisti: possiamo solo consigliarvi caldamente di ascoltare con attenzione questo disco, perché dopo i primi momenti in cui rimarrete perplessi vi si schiuderanno le porte infernali del mondo dei Lamantide, e verrete rapidamente risucchiati nella loro musica. Non stupitevi se, come noi, vi ritroverete a premere più volte il tasto “play”, come a compensare un album forse troppo breve, ma che in questa brevità ha probabilmente anche uno dei suoi punti di forza.
7.5
[Intervista al cantante Marco]