Non potevamo perderci la prima apparizione italiana dei Light Bearer: tanta era la curiosità di vedere riproposti in sede live i brani di quel Lapsus che tanto ci ha impressionato e che ancora molto volentieri continuiamo ad ascoltare. Il debutto della band britannica è stato uno dei dischi più sorprendenti del 2011, grazie alla sua miscela post hardcore / post metal ricercata e dal grande impatto emozionale. E non siamo gli unici a non esser voluti mancare a questo primo appuntamento con il sestetto inglese: c’è un buon numero di persone nel piano interrato del Chet’s Club, caratteristica location bolognese che, senza nascondere la sua originaria identità di jazz club, s’è rivelato essere un locale adatto per lo show intimo e coinvolgente dei Light Bearer. Ci scusiamo con Citizen One e 26thousandyears, ma siamo riusciti ad arrivare al Chet’s Club solo pochi minuti prima che gli headliner iniziassero il loro show..
LIGHT BEARER
Chet’s Club, Bologna
30/05/2012
Rimaniamo inizialmente interdetti quando i Light Bearer iniziano a suonare: inaspettatamente infatti la band comincia con “Celestium Apocripha, Book Of Watchers”, brano tratto dallo split coi Northless, che oltre ad essere obbiettivamente il materiale meno conosciuto dai presenti è anche il meno riuscito tra tutto il repertorio dei Light Bearer. Forse diciamo questo anche perché pure noi abbiamo meno familiarità col pezzo in questione, resta il fatto che durante l’esecuzione i ragazzi sembra si stiano più che altro riscaldando cercando di entrare in contatto lentamente col proprio pubblico; e l’approccio in fin dei conti funziona, perché in questo modo lo show va senza dubbio in crescendo, già dopo poco con la riproposizione quasi completa della titletrack di Lapsus. I sei inglesi si dimostrano carichi e coesi mentre suonano, tradendo solo a tratti una certa timidezza, ad eccezione di bassista e cantante posizionati addirittura davanti al palco (per mancanza di spazio più che altro), a strettissimo contatto con la gente: in questo il locale si rivela senza dubbio ideale per creare tra pubblico e band un’atmosfera di vicinanza e complicità, che aumenta esponenzialmente durante la successiva “Prelapsus”. Il brano più corto del debut album (intro e interludio a parte ovviamente) si rivela essere il più diretto e coinvolgente in sede live, il crescendo finale viene vissuto con partecipazione molto più intensa sia da parte delle prime file sia da parte di Alex e soci, andando a creare un’intesa che provoca i primi brividi della serata. A proposito di Alex, la sua performance è stata sicuramente all’altezza della fama che si è fatto con la sua precedente band (i Fall of Efrafa, ormai lo sanno anche i muri) dal punto di vista della presenza scenica e del trasporto con cui interpreta i propri testi, ma non riguardo all’aspetto puramente vocale: forse si è trattata solo di una scelta sbagliata di suoni o di una diversa percezione nostra, ma in certi momenti è sembrato che il chitarrista che lo aiutava nelle seconde voci fosse quasi più dotato del barbuto singer. Forse una serata di forma non ottimale, forse un errore di suoni, chissà, comunque un peccato perché la voce di Alex non è arrivata con lo stesso pathos che traspare dal disco; in ogni caso, parliamo comunque di una prova di alto livello, visto che la carenza vocale è stata ben coperta da un visibile dispendio di energie ed emozioni.
Dopo mezz’ora, i Light Bearer chiudono con “Primum Movens”, dando l’impressione di spremere davvero tutte le forze in corpo e congedandosi, arrivati a circa tre quarti d’ora di concerto, con un finale emotivo e convincente. A noi resta solo il rimpianto di non aver sentito dal vivo il pezzo che consideriamo il migliore del disco, “Armoury Choir”, ma alla fine possiamo pensare di avere un ulteriore buon motivo per non mancare al prossimo appuntamento italiano con questa band sempre più promettente, sperando di poter assistere in futuro ad uno show con più brani (Silver Tongue dovrebbe uscire tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013) e più persone presenti: il passaparola ha già regalato molti fan ai Light Bearer, ma chi ha potuto presenziare in quest’occasione avrà molti buoni motivi per parlare ancora di più di loro, che hanno dimostrato di essere una band dotata di grande personalità che si sta già scrollando di dosso la pesante (e inadatta) etichetta di “erede dei Fall of Efrafa”. Se continueranno a confermare le buone impressioni date finora, ne vedremo ancora delle belle.