(Fan Death Records, 2011)
1. Chalk Point;
2. Augury in an Evaporating Tower;
3. Coprolite;
4. The Clearing
Ufficialmente attivi dal 2005 circa, i Locrian sono un duo composto da Andre Foisy (chitarra e basso) e Terence Hannum (voce e synth vari) che dopo svariate uscite in formato cassetta e cd-r pubblicano il loro primo full lenght nel 2009, intitolandolo Drenched Lands. L’album seguente, uscito nello stesso anno, Rain Of Ashes, non è effettivamente chissà quale capolavoro, ma il duo di Chicago ci mette pochissimo tempo per riprendersi e pubblicare qualcosa di veramente degno di nota: Territories prima e The Crystal World dopo, hanno segnato un importantissimo 2010 per questo progetto. Pur presentando sostanziali differenze, i due album mostrano una personalità spiccata e un’ottima capacità di coniugare generi diversissimi fra cui black metal e noise, con una discreta dose di psichedelia a condire il tutto. Fra la sterminata discografia del gruppo, sono da segnalare anche gli splits usciti quest’anno, in cui compaiono nomi quali Horseback, Mamiffer e House Of Low Culture, lanciandosi anche in una inaspettata cover di Popol Vuh.
The Clearing ha già ricevuto alcuni commenti negativi, forse espressi con troppa fretta, in quanto molto meno elaborato e stratificato di The Crystal World (e per forza, verrebbe da dire). Effettivamente è vero, il precedente disco per ora rimane sul podio più alto in casa Locrian in quanto a complessità del songwriting, ma non per questo quello che viene dopo deve per forza essere mal giudicato. Qui si assiste a un ritorno verso Territories: il lato black metal è leggermente più accentuato (“Augury In An Evaporating Tower” è abbastanza esplicativa in questo senso), mentre la composizione delle canzoni sembra essere più accostabile all’ambient per quanto riguarda l’andamento e il senso di estraniazione che si avverte. Tutta la prima parte della canzone omonima non fa che confermare quest’ipotesi, lasciandosi sfuggire magari qualche accenno a Burzum (“Tohmet” o alcune parti di Filosofem). Sempre in “The Clearing”, pezzo imponente da diciassette minuti e oltre, si può apprezzare anche la capacità di creare un drone davvero ipnotico e tribale grazie alle percussioni di sottofondo, verso un risultato estraniante come pochi, per finire in bellezza con una chiusura rumorosissima in cui (ri)compare anche la melodia iniziale. In “Coprolite” ritornano anche le splendide chitarre acustiche, già usate in “Elevations And Depths” (uno dei brani migliori di The Crystal World), supportate stavolta anche qui da un drone di sottofondo che sembra avvicinarsi spesso al noise. L’evocativa ma meno astratta “Chalk Point”, che riporta alla mente alcune cose dei primi Horseback, non fa che impreziosire il tutto con il suo andamento psichedelico e avvolgente.
Meno elaborato effettivamente lo è, ma dopo ripetuti ascolti si capisce benissimo come non sia necessario dover complicare le cose per creare ottima musica. The Clearing ne è una perfetta dimostrazione: nonostante vi siano alcune sovrapposizioni la struttura e la composizione delle canzoni è generalmente molto più semplice e, così, ci troviamo ancora una volta di fronte ad un ottimo album.
7.5