1. Kohaku
2. New House
3. Kumonryu
4. Oxbow
5. Black Kumonryu
6. Noir Alley Verdigris
7. Ogon
8. Narada
9. Margata
10. Kuchibeni
11. Fish Bowl
12. Koi
Scrivere un album in cui si racconta la vita di uno dei pesci più noti al mondo (grazie ai tatuaggi soprattutto) è indice di follia o di fantasiosa genialità. Con un album che spazia dal prog al jazz con uno sguardo rivolto agli anni ’70 Lorenzo Feliciati torna nel 2015 col suo nuovo lavoro solista, accompagnato da musicisti d’eccezione che rispondono al nome di Steve Jansen (ex-Japan), Pat Mastelotto (King Crimson), Alessandro Gwis (al pianoforte) ed un vero e proprio ensemble di ottoni. Con tali elementi non possiamo certo aspettarci un lavoro di scarso valore, e conoscendo il bassista italiano le aspettative nei suoi confronti sono state pienamente soddisfatte.
Ciò che viene proposto su Koi è un’elegante ed istrionico viaggio tra immagini e paesaggi. Veniamo introdotti nella storia raccontata da Feliciati attraverso il fine pianoforte di “Kohaku”, passando poi per svariati paesaggi, tanti quanto i diversi stili adottati dal bassista, che permettono a Koi di avere un aspetto sì elaborato e complicato, data la quantità di informazioni al suo interno, ma anche piacevole e rilassante. Senza inoltrarci in particolari tecnici possiamo però far notare una cosa, che forse è il maggior pregio di questo lavoro. Chi conosce Lorenzo Feliciati saprà bene che deve la sua fama al suo essere un virtuoso delle quattro corde, ma qui (come anche nei Naked Truth) mostra al mondo intero un suo essere artista prima che virtuoso, umano prima che musicista. Il fine gusto compositivo di Feliciati impregna ogni singolo brano di questo suo lavoro solista, sia che si tratti di swing, jazz, noir o anche di intermezzi ambient. Il basso, o per meglio dire la voce vera e propria del nostro, si insinua quasi subdolamente nelle nostre orecchie grazie alle mille forme effettistiche adottate dal musicista italiano. Nessun elemento è ingombrante, tutto è ben equilibrato ma non insipido.
Koi rientra perfettamente in un concetto antico come la musica stessa: “saper suonare non vuol dire essere musicisti”. Feliciati ci mostra così, senza fare arrogante, come suonare con gusto sia importante ed esplichi forse maggiormente l’importanza e la bravura del musicista stesso. Non si richiede che siate esperti del settore o amanti viscerali del genere, ma sia che vogliate ascoltare musica fatta bene, sia che vogliate rilassarvi o vi piacciano i viaggi musicali, qui troverete pane per i vostri denti.
8.0