Il 13 ottobre dell’anno di Grazia 2012 è giunta la quarta edizione di uno dei festival italiani più importanti in assoluto per quanto riguarda la sfera più violenta ed intransigente del death metal, il Lowlands Death Fest. Se siete su queste pagine virtuali, di fronte a questo live report, è senza ombra di dubbio per il fatto che conoscete l’evento in questione e, molto probabilmente, state rosicando per esservelo perso: fate benissimo! Malgrado alcuni uggiosi tentativi da parte del cielo di caderci sulla testa, due centinaia abbondanti di brutallari e simpatizzanti dell’estremo – per una volta i ‘parteciperò’ su Facebook non erano specchietti per le allodole! – hanno affollato, a partire dalle 17,00, l’area di Parco Cascina, eccellentemente tenuta dall’associazione culturale Twilight (talmente bravi anche stavolta che non faremo facili ironie sulla scelta del loro nome!), per quello che, in parallelo all’ormai defunto Tattoo Death Fest milanese, è il luna park nostrano per l’amante medio del death metal italico: decine di distro ed etichette, stands di band, birre e cibo a prezzi modici, clima goliardico, capelloni in braghe mimetiche, ciccione ubriache, zozzone gotiche in tiro, improbabili invasioni di palco da parte di bambini di passaggio e, ovviamente, la grande protagonista dell’evento, la Musica. Grind on the Road non s’è potuta perdere una simile occasione, capace, peraltro, di radunare decine di fans anche fuori dall’Italia (presenti non pochi fra austriaci, svizzeri e spagnoli), dimostrando che, con una sana dedizione e buona volontà, un’alternativa – per lo meno con la musica… voliamo basso, al momento! – si può costruire e farla crescere negli anni. Complimenti a tutte le otto band della bill, capaci di esprimersi al meglio, con esibizioni decisamente grintose, in una location, forse, non al top a livello di suoni on stage, ma decisamente pregna di significato per la storia del death metal nostrano, che, a quanto pare, non sta ancora finendo d’esser scritta…
Live Report a cura di Glauko & Exhumed
Introduzione a cura di Glauko
Lowlands Death Fest
Parco Cascina, via Cascina 12
Fabbrico (RE)
13/10/2012
VALGRIND – a cura di Glauko
Mentre all’esterno si spengono gli ultimi tentativi della pioggia di boicottare l’evento, alle 18.15, con un ritardo che comunque non comprometterà lo show delle band del fest, sale sullo stage del Lowlands un quintetto a me ignoto, ma, in compenso, pieno di facce note: scorgo, infatti, membri di Hatred, Hateful e Blood of Seklusion. A termine concerto, scoprirò che la band è sorta nel cuore degli anni ’90 da un’idea del cosentino Massimiliano, un ragazzo decisamente preso bene con primi Morbid Angel e Incantation; a distanza di anni, coadiuvato dall’attivissima scena estrema dell’Emilia Romagna, è riuscito a ridare un’identità ad una band che, altrimenti, si sarebbe spenta nei meandri del tempo. Ed ecco, dunque, i Valgrind – pronunciati così come lo si legge e non come, erroneamente, mi veniva spontaneo dire (valgràind; spero di non essere il solo!) –, fautori d’un epico e martellante old school death metal che urla Nineties da tutti i pori, suonato decisamente con passione: riff ariosi à la Azagthoth vanno a braccetto con rallentamenti doomish e ceffoni di scuola Immolation, per una performance emotiva e d’impatto. Peccato solo per uno sfortunatissimo problema tecnico capitato ad uno dei chitarristi sull’ultima canzone; comunque, come direbbero Oltreoceano, “shit happens” e, qualitativamente, il Lowlands non avrebbe potuto iniziare meglio.
CHRONIC HATE – a cura di Glauko
Prodotti dall’attiva etichetta nostrana To React Records, con un album, Dawn of Fury, uscito di fresco e recensito altrettanto di fresco sulle nostre webpages, i cinque friulani hanno velocemente occupato il palco di Fabbrico, attirando non poco l’attenzione dei presenti, i quali mi son parsi decisamente più coinvolti, rispetto alla performance precedente – segno che il loro lavoro sta decisamente piacendo. L’esibizione dei Chronic Hate è stata senza dubbio buona, anche se un po’ troppo caciarona, soprattutto per quanto riguarda i suoni di chitarra (in verità, deficit fonico comune a quasi tutte le band della serata). I nostri propongono un death metal moderno che strizza l’occhio a qualcosa degli anni ’90 (momenti thrashy di certi Cannibal Corpse? Sfuriate à la Malevolent Creation?), ma, fondamentalmente, paiono una scontatissima copia delle ultime cose degli Hour of Penance. Tanta carne al fuoco e voglia di dimostrare il proprio valore sul palco, ma, onestamente, m’è scappato più di uno sbadiglio.
RABID DOGS – a cura di Glauko
Essere l’unico gruppo grindcore ad un festival principalmente incentrato sul brutal death metal è sempre un rischio: sebbene, qualche tempo fa, soprattutto all’estero, i due generi andassero decisamente più a braccetto, oggi come oggi, lo split attitudinale fra le due correnti sembra essere sempre più forte; ciononostante i rischi e gli azzardi, evidentemente, allo staff del Twilight piacciono (altrimenti non avrebbero nemmeno organizzato il Lowlands!) e, infatti, ecco dall’Abruzzo il power-trio dei Rabid Dogs (con ex-membri degli storici Bestial Devastation). Malgrado l’apparente situazione musicale decontestualizzata, i nostri non si sono fatti intimidire e, a mio parere, hanno tirato fuori una delle performances migliori dell’intero festival, fra attitudine poliziottesca anni ’70, blastbeats velocissimi, melodie punk, d-beat e, rade, soprattutto in un paio d’inediti, parti sludge. Assolutamente da avere il loro omonimo disco d’esordio del 2009, restando in attesa del secondo.
GOREINHALED – a cura di Glauko
La quarta band del Lowlands è stata anche il primo act straniero della serata, i Goreinhaled. Provenienti da Maiorca (decisamente un luogo bizzarro per suonare brutal!), avevo avuto modo di vederli in Germania nel 2006, quand’era uscito il loro album The Art of Sickness e i nostri ispanici erano ancora in tre; sebbene non avessero inventato nulla di nuovo, ci sapevano fare, fra grooves newyorkesi, rari ma curati assoli melodici ed un modus operandi decisamente figlio dei primi Dying Fetus. Da allora, dopo qualche anno di silenzio, di quella formazione è rimasto solo il batterista e la band s’è trasformata in un quintetto (due chitarre, basso, batteria, voce). Benché si possa premiare l’intenzione di portare avanti il discorso d’un gruppo che, ai tempi, prometteva decisamente bene, questi nuovi Goreinhaled sprofondano nel più totale anonimato della scena brutal attuale: growling suino, parti mosh, qualche blast e tanti saluti. Decisamente nulla per cui strapparsi i capelli.
BLASPHEMER – a cura di Exhumed
Si torna in territorio italico quando i lombardi Blasphemer prendono possesso del palco. Bastano le prime note per catalizzare l’attenzione degli spettatori sull’esibizione in corso: i Nostri macinano riff assassini uno dietro l’altro e colpiscono duro con un brutal death metal d’impatto, ispirato alla scuola U.S., che non disdegna qualche modernismo ma dimostra di avere le proprie radici ben salde nell’old school. I suoni, finalmente, risultano precisi e azzeccati, garantendo un effetto di grande coinvolgimento del pubblico che comincia a dar segni di “movimento” (oltre a vari headbanging scatenati). Circa a metà della loro esibizione, un “piccolo metallaro” (un bambino di nome Riki, abbiamo scoperto poi) balza sul palco e comincia a scorazzare tra i musicisti i quali, suscitando l’ilarità del pubblico, non si dimostrano affatto seccati, anzi, prendono in ridere la faccenda e fermano un attimo la propria esecuzione per proferire una battuta decisamente azzeccata (soprattutto visto il tema principale trattato dalla band) “lasciate che i bambini vengano a me”. Terminato questo siparietto divertente si riparte con il distruttivo assalto sonoro guidato dall’ottimo singer Paolo Maniezzo, il cui growling caldo e profondo unito all’atteggiamento attivo sul palco, catalizza l’attenzione degli astanti. Terminata la loro performance, i Blasphemer abbandonano la scena sotto una scroscio di applausi, decisamente meritati.
CEREBRAL EFFUSION – a cura di Exhumed
E’ ormai sera inoltrata quando arriva il momento degli spagnoli Cerebral Effusion; dopo essersi dedicati ad un sound-ceck piuttosto spartano di circa quindici minuti, danno fuoco alle polveri avviando il proprio show. In pochi minuti si verifica un totale cambiamento nella risposta del pubblico: grazie alla massiccia dose di decibel che piove loro addosso, si sostituisce alla staticità che regnava prima (accompagnata da qualche sprazzo di headbanging) un mosh-pit vero e proprio. Le prima tre file si trasformano in un tritacarne e la violenza sonora vomitata dal combo iberico invade e permea la folla rendendola ebbra di furia distruttiva. Grazie al sound potente e piuttosto bilanciato di cui godono, i quattro spagnoli non fanno prigionieri, attraverso un brutal death metal dai tratti “slam” corposo, groovy e marcissimo che colpisce con la forza di un maglio da guerra in pieno volto. Durante l’intera esibizione non ci sono mai cali d’interesse e la folla segue con passione questa pioggia di riff tritaossa, blast furiosi e rallentamenti pachidermici degni del migliore slam. Il batterista mena come un indemoniato e la sua foga è così incontenibile che, durante l’esecuzione di un brano, cadono alcuni dei piatti e un sostegno della batteria costringendo il quartetto a fermarsi un attimo mentre lo staff interviene prontamente a risolvere il disguido; interessante il modo in cui il cantante, senza troppe cerimonie, ha coperto questo piccolo lasso di tempo regalando al pubblico un bel bestemmione in italiano. Tanta ignoranza musicale, nel senso buono, senza però trascurare la preparazione tecnica: i Cerebral Effusion hanno dato prova di saperci fare dal vivo e sono risultati tra le band più convincenti della serata.
ANTROPOFAGUS – a cura di Exhumed
Ci avviciniamo, ahimè, al termine di questa lunga giornata dedicata al death metal e tocca ai liguri Antropofagus fungere da ultimi rappresentanti della scena estrema italica. Chi scrive era davvero molto ansioso di vedere i rinati Antropofagus in azione e, in generale, le aspettative del pubblico erano parecchio elevate vista la qualità del full length dato di recente alle stampe. Finiti i controlli di rito il massiccio Tya presenta velocemente la band e poi da il via a quello che sarà un vero massacro sonoro. Meno groovy ma più tecnici e veloci rispetto ai Cerebral Effusion, il combo capitanato dall’unico membro originale Meatgrinder dà vita a un poderoso muro sonoro costruito su ritmiche accattivanti, cambi di tempo fulminei ed un’esecuzione vorticosa dalla velocità paurosamente elevata. I brani sono pesanti al punto giusto ma anche fluidi e di facile presa, grazie soprattutto ad alcuni azzeccatissimi guitar-solos che esaltano il pubblico; impeccabile e “disumana” la performance del poliedrico batterista Davide “Brutal-Dave” Billa, che si dimostra come, al solito, un mostro alle pelli, oltre a confermarsi uno dei migliori batteristi in assoluto della scena death italiana e, perché no, europea. Gli Antropofagus si concentrano principalmente sul materiale dell’ultimo disco Architecture of Lust, senza però tralasciare alcuni brani di quel piccolo capolavoro nato nel ’99 chiamato No Waste of Flesh. Semplicemente devastante l’impatto dei brani più diretti e violenti, come “Sadistic Illusive Puritanism” e “Demise Of The Carnal Principle”, durante l’esecuzione del quale è salito sul palco come guest-vocals Mariano Somà, il singer dei nostrani Septycal Gorge e degli Ape Unit. Al termine della (a mio avviso troppo breve ) performance degli Antropofagus ci sentiamo tutti esausti, ma appagati da una band davvero tosta, dotata di tutte le carte in regola per dominare all’interno del panorama death italico.
Severe Torture – a cura di Exhumed
Tocca agli olandesi Severe Torture occupare il prestigioso ruolo di headliner del festival; mentre i Nostri sono alle prese con il sound-check, il pubblico inizia ad accorrere per occupare le prime file e, nel giro di una decina di minuti, la location arriva a toccare quasi il massimo della sua capienza. Appena il quintetto di Boxtel prende possesso del palco, la platea inizia ad infuocarsi e viene acclamato a gran voce il nome della band. Senza troppi fronzoli e tentennamenti i Severe Torture si lanciano nella loro esibizione con consumata abilità, dimostrando che quindici anni di onorata carriera li hanno resi abilissimi nel destreggiarsi sul palco. “Benedetti” dai suoni migliori della serata (assieme a quelli degli Antropofagus), il combo olandese non tira certo al risparmio di energie, dando vita a una performance a dir poco memorabile. Scatenati e sempre attenti nel coinvolgere gli spettatori, gli olandesi hanno spaziato tra tutti gli album della loro discografia, tirando fuori “dal mazzo” i migliori brani di sempre. Introducendo le canzoni più vecchie con un sempreverde “do you wanna some old-school death metal !?!!” lo storico singer Dennis Schreurs ha guidato come un degno “capo-branco” l’esibizione della band, scatenandosi a più non posso e rendendosi protagonista di un’ottima prova vocale. Con influenze che vanno dal brutal-death classico americano in stile Cannibal Corpse e Suffocation al death europeo simil – Vader e Obscenity, i Severe Torture hanno infuocato il Twilight scatenando mosh e circle-pit a gogo e deliziando tutti i presenti con uno show decisamente sopra la media. Nonostante un clima esterno piuttosto uggioso e fresco, sembrava di trovarsi all’interno di un forno, una volta finito il concerto degli headliner; sudati ma soddisfatti, ci siamo avvicinati all’uscita con un sorriso di soddisfazione stampato sulle labbra. I Severe Torture hanno colpito ancora nel segno!
Giunti alla fine di questa incredibile ed esaltante giornata, ci si prepara per l’interminabile fila di saluti con tutti i presenti mentre ci si appresta a lasciare il Twilight per raggiungere il proprio veicolo. Stanchi ma sicuramente soddisfatti, non ci resta che ringraziare lo staff per l’ottimo lavoro, svolto con grande professionalità e affabilità, e tutte le band che si sono esibite. E’ grazie ad eventi come questo che la cultura estrema italiana riesce ancora a dire la propria e a proseguire nella sua, attualmente inarrestabile, crescita.
Live Report a cura di Glauko & Exhumed