(Mordgrimm, 2013)
1. The Inception;
2. Resentment;
3. Against the Paradoxi;
4. In Self Ruin;
5. Sceptre to Control;
6. Intermezzo;
7. Triumphalism;
8. Dust of a Gun Barrel;
9. When Scorn Can Scour
I Lychgate sono una realtà tutta nuova ed abbastanza misteriosa formatasi lo scorso anno per volere di tale Vortigern, che per la realizzazione dell’album di debutto è riuscito a coinvolgere varie personalità provenienti da diversi ambienti musicali: così, affiancati a T. J. F. Vallely degli Omega Centauri alla batteria, troviamo nientepopodimeno che G. A. Chandler degli Esoteric e Aran direttamente dai recentemente scomparsi Lunar Aurora.
Effettivamente la musica dei Lychgate rispecchia le personalità coinvolte nel progetto: accanto ad una naturale predilezione per parti più lente ed opprimenti tipiche del doom, troviamo sfuriate in pieno stile black metal spesso seguite da passaggi pregni di atmosfera e drammaticità, il tutto rivisto in una chiave non perfettamente messa a fuoco, ma sicuramente di matrice fortemente sperimentale e, per non dire progressiva, avanguardista. La lezione impartita degli Esoteric risulta importantissima, “Resentment” ne è un esempio lampante, sia nella scelta della produzione e delle sonorità, sia nelle trame melodiche portanti (non a caso provenienti per la maggior parte da Greg Chandler), mentre inaspettatamente troviamo un sacco di richiami agli Opeth periodo My Arms, Your Hearse, quando ancora il lato più progressive della loro musica era ottimamente controbilanciato da quello più atmosferico e cupo: in due degli episodi migliori dell’album, “Sceptre To Control” e “Dust of a Gun Barrel”, l’ascendente del gruppo di Mikael Åkerfeldt è nettissimo. “Sceptre To Control” fa coppia anche con “In Self Ruin”, entrambe poste a metà disco ed entrambe con un piglio molto più black metal nelle parti più sostenute, al punto di riportare alla mente i Lunar Aurora di Andacht, giusto per citare chi è coinvolto attivamente nel progetto. Tutto questo senza dimenticarsi mai dell’importanza delle atmosfere che un’uscita del genere deve possedere: così, se orgogliosamente viene sottolineato come Lychgate contains no programming, and all instrumentation was performed and recorded without edits al fine di rendere il tutto più genuino, l’uso di tappeti di organo e sintetizzatore (“Dust of a Gun Barrel”, “Resentment”, “In Self Ruin” o ancora “Triumphalism”) aggiunge quel tocco di profondità e maestosità che completa tutta l’opera e la rende perfettamente conseguente alla splendida copertina di Manuel Tinnemans.
Nonostante i lati positivi, questo debutto risulta talvolta perdersi ed intricarsi in soluzioni non proprio azzeccate, ma essendo appunto la prima uscita in assoluto per i Lychgate si può lasciar correre qualche piccolo incidente di percorso. Da aggiungere a ciò è la presenza di nomi così importanti tali da giustificare aspettative probabilmente esagerate, senza contare come i quattro membri non avessero mai collaborato prima d’ora. Detto questo, quindi, il disco risulta pienamente promosso, nella speranza e convinzione che in futuro i nostri sapranno fare ancora meglio.
7.0