(Sentient Ruin, Yamabushi Recordings, 2015)
1. Agonia
2. Vermi
3. Macerie
4. La Luce Del Buio
Il primo lavoro dei Macerie, fiorentini d’origine e sembrerebbe meno di fatto considerate le atmosfere evocate con questo EP, si assesta su coordinate poste tra il crust più cupo e lo sludge più fangoso, con sporadici riferimenti black ma non solo, nel bene e nel male. I primi istanti del disco presentano un incedere lento e cadenzato mantenuto in pressoché tutti i passaggi principali, che pone l’accento sul riffing marcio e quasi flemmatico così come sulla voce gorgogliante, disperatamente soffocata. L’aria che questi ragazzi vogliono evidentemente farci respirare a forza è mefitica, densa di polvere nera in procinto di muoversi tra atmosfere plumbee che odorano di Acephalix ridotti all’osso, forse eccessivamente.
I momenti più aggressivi portano con sé ancora quel che di pachidermico, come fanghiglia che i Macerie non riescono a togliersi di dosso nemmeno nelle più “movimentate” accelerazioni al limite del d-beat che purtroppo non trovano il modo di decollare, rimanendo bloccati in limacciose cavalcate alla Planks scevre però di potenziale impatto. Queste soluzioni si dimostrano alla lunga prive d’ispirazione ed effettivo interesse, limitandosi ad alimentare l’intento del gruppo di annichilire l’ascoltatore con qualunque mezzo necessario, forzando a tratti la mano.
Causa parecchio stupore il modo in cui invece i toni vanno improvvisamente ammorbidendosi: la ragione di ciò va ricercata negli effimeri inserti atmosferici spesso fuori luogo, elementi che stonano particolarmente nel contesto di una produzione grezza che non lascia spazio alcuno a suoni così ben ripuliti in completa antitesi con il resto del contenuto del lotto. L’ultima traccia in particolare è emblema di questa disorganicità, composizione sì struggente fatta di malinconia e crescendo convergenti al climax in pieno crossover Downfall of Gaia/Year of No Light, ma così diversa dai tre brani precedenti da apparire quasi come appartenente ad un prodotto a sé stante presente qui per errore e nulla più.
Giunti al termine dell’ascolto si rimane parzialmente interdetti: i Macerie buttano fin troppa carne al fuoco mostrando in diciassette minuti personalità opposte di sé che non trovano spazio per evolversi e maturare, segregando le buone idee in un abisso di incompiutezza. Probabilmente in un lavoro dai tempi più dilatati questi spunti avrebbero trovato (o troveranno) ragione di essere, ma purtroppo ora come ora il maggiore traguardo raggiunto è quello di acuire il senso di disomogeneità generale nella loro musica.
5.5