1. Nödkanal
2. En Jobbigt Jävel
3. Synd
4. Mer Skada än Nytta
5. Prästernas Tid
6. Victoria
7. Tentakler
8. Slav Manual
9. Elddop
10. Skum pä Väridens Hav
11. Varningens Klockor
12. Steg
13. Martyren
14. Hjärnspoken
15. Under Skinnet
Ormai da tempo la Southern Lord sembra che voglia fare il lavoro sporco infilando le braccia nel fango e setacciando centinaia di gruppi crust/d-beat per selezionare solo il meglio, questa volta sono nuovamente i Martyrdöd, dopo che negli ultimi tempi l’etichetta di culto americana ha pubblicato le ultime fatiche di Wolfbrigade e From Ashes Rise. Passati due anni dall’uscita di Paranoia, la band svedese sembra non riuscire a fermarsi nel sfornare nuovo materiale e proseguire il suo viaggio nell’evoluzione delle proprie sonorità.
L’ album si presenta con una copertina completamente occupata dal titolo, scritto con un lineare semplice, sopra uno sfondo monocromatico; insomma non certo quello che ci si aspetterebbe da una copertina d-beat, ricordando piuttosto uno stile grafico più legato all’indie rock. “Battesimo del Fuoco” (trad.), un nome forte ed evocativo che presenta perfettamente ciò che si trova nell’ album; battesimo non come nascita, ma come rito di passaggio che segna il loro ormai dichiarato abbandono delle sonorità classiche degli album precedenti per accedere a un territorio più vasto e più libero, ma anche più spietato, dove un semplice errore da parte può segnarli per sempre. Qualsiasi persona amante del d-beat può ammettere che sia facile mettere su una band, imparare a suonare la batteria come i Discharge e attaccarci dietro tre riff cattivi, tanto che la scena è completamente invasa da centinaia di gruppi che evocano i grandi padri fondatori; tra tutti questi sono pochi quelli che sono riusciti ad ergersi e diventare qualcuno, tra questi, sicuramente, troviamo i Martyrdöd.
Elddop è crudo, emozionante, violento ed evocativo, lo scheletro portante è una batteria aggressiva e una voce tagliente, ma è tutto il resto che lo rende nell’insieme una delle migliori uscite dell’anno per quanto riguarda la musica crust/d-beat. Si passa dagli assalti stench-core di “Synd” e “Slav Manual” alle contaminazioni thrash di “Tentakler” e “Mer Skada Än Nytta”, fino alle atmosfere swedish death e black metaldi “Prästernas Tid”. L’attitudine di fare musica di stampo hardcore rimane, come anche l’energia che trasmette ogni traccia contenuta in questa loro nuova fatica, ma le emozioni e i sentimenti che ci trasmette sono resi più complessi e sfaccettati. Questa caratteristica risulta molto più palpabile in “Under Skinnet”, traccia emozionante con una non precisata vocalist femminile che, spezzando la crudezza della musica che la accompagna, rende il brano una poesia cupa e malinconica, una voce suadente e arcaica che ci fa letteralmente sciogliere l’animo.
Ormai i Martyrdöd possono essere considerati, insieme a pochi altri, i veri portabandiera dello swedish d-beat del nuovo millennio: capaci di rifiutare gli stereotipi dei loro simili e sfidare la sorte in altri ambienti, si distinguono per la loro capacità di metabolizzare e ricreare il genere con una loro personale visione.
8.0