(Southern Lord, 2012)
1. Nog Ar Nog
2. Overkom Er Radsla
3. Klassfienden
4. Hor Varldens Rop
5. Ett Harata Av Eld
6. En Tragisk Zeitgeist
7. Det Sker Samtidgt
8. Paranoia
9. Kottberg
10. Avbon
11. Varie Val Har Sitt Pris
La Southern Lord continua a puntare forte su gruppi crust-hardcore e d-beat, tralasciando almeno in questo periodo le tradizionali coordinate stilistiche che la contraddistinguono. Da un punto di vista commerciale fa sicuramente bene, data la popolarità che il genere sta avendo ultimamente, ma fa comunque strano vedere un’etichetta come quella di Anderson e O’Malley “spingere” su sonorità non totalmente di nicchia; tuttavia, è innegabile che, se il genere sta vivendo una seconda giovinezza, molti meriti vadano proprio ai due ragazzi dei Sunn O))), che hanno saputo comprendere in anticipo su tutti la potenzialità della scena in questione, e che sono andati a scoprire e promuovere le migliori realtà in questo campo (come i Black Breath o i nostrani già mediamente conosciuti The Secret). Se si nota che il catalogo della Southern Lord è stato arricchito anche dall’inserimento dei Wolfbrigade e che pure mostri sacri come Poison Idea e From Ashes Rise son stati messi sotto contratto dalla label americana, si arriva all’evidente conclusione che ormai parliamo di una politica ben definita.
Non ci stupiamo troppo dunque di questa nuova scoperta di Greg Anderson e Stephen O’Malley: i Martyrdöd sono svedesi, e dunque il crust e il d-beat ce l’hanno nelle vene. Saranno cresciuti a pane e Totalitär, vivono in una terra che ha sempre sfornato dischi importanti per il genere (possiamo citare, per non andare troppo indietro nel tempo, anche il divertentissimo Live The Storm dei Disfear, con Tompa Lindberg alla voce), e probabilmente hanno ascoltato giusto “un paio” di volte Wolverine Blues; lo spettro degli Entombed aleggia con evidenza su di loro, non certo con la stessa spudoratezza che contraddistingue i labelmates Black Breath, ma l’impronta c’è e si sente.
Crust-hardcore, d-beat e death’n’roll sono dunque gli ingredienti principali della proposta dei Martyrdöd, accompagnati da una furia cieca quasi palpabile (dal vivo devono essere uno spettacolo!) e da una sfacciataggine puramente rock’n’roll. Aggiungete una generale aurea di marciume e avrete già un’idea piuttosto nitida di quanto sentirete su questo Paranoia, quarto album del combo scandinavo ma primo disco capace di lanciarli davvero nel panorama crust che conta. Il disco è lunghetto per gli standard del genere, ma si fa ascoltare con grande piacere, proprio grazie alla varietà di cui abbiamo parlato; ci sono pezzi che catalizzano fortemente l’attenzione, come l’opener “Nog Ar Nog” e il suo incipit rockeggiante, la doppietta schiacciasassi centrale “En Tragisk Zeitgeist” / “Det Sker Samtidgt” o la successiva titletrack, ma Paranoia è essenzialmente un blocco da gustarsi tutto d’un fiato, una rabbiosa fuga di tre quarti d’ora in un disco che sprigiona cattiveria e potenza da tutti i solchi. Come avrete intuito dai titoli citati, altra particolarità dei Martyrdöd è il cantato in lingua madre: tuttavia, la comprensione dei testi non ci sembra affatto essenziale per godersi appieno questo disco, e poi già i mitici Kvelertak ci hanno insegnato come sono belle e musicali le lingue scandinave!
Ancora una volta, bisogna congratularsi con i talent-scouts della Southern Lord; noi per ora preferiamo ancora il nuovo album degli altrettanto svedesi Wolfbrigade, ma è innegabile che i Martyrdöd siano l’ennesimo successo dell’etichetta americana, l’ennesimo nome pescato dall’anonimato che merita l’attenzione di un pubblico sempre più ricettivo verso certe sonorità. Se siete amanti dei tanti gruppi citati in questa recensione, potete tranquillamente comprare a scatola chiusa questo Paranoia, perché difficilmente ne rimarrete delusi. Garantiscono Greg Anderson e Stephen O’Malley.
7.5