Mastodon – Crack The Skye
Warner Bros (2009)
1. Oblivion ;
2. Divinations ;
3. Quintessence ;
4. The Czar ;
5. Ghost Of Karelia ;
6. Crack The Skye ;
7. The Last Baron
Una creatura difficile, questo nuovo parto di casa Mastodon, che sicuramente riuscirà a dividere gli ascoltatori ancor più che in passato. Da sempre, infatti, i quattro americani hanno un’abilità innata nello spaccare in due i metallari di tutto il mondo: con soli tre album hanno raggiunto vertici di popolarità incredibili, affermandosi come una certezza, e non più una speranza, del metal moderno, uno di quei gruppi da ascoltare assolutamente per trarre qualsiasi tipo di conclusione. Per alcuni sono geniali, per altri sono totalmente noiosi ed inutili. Eppure, innegabilmente, hanno sfornato tre perle di rara bellezza, con una miscela di sludge, progressive, e thrash gustosa ed originale che ha donato loro un’identità immediatamente riconoscibile ma difficilmente catalogabile.
Giunti al successo con l’uscita di Blood Mountain per la Warner Bros, ottenuta la formula vincente per diventare un vero e proprio colosso del metal moderno, i Mastodon decidono ora di stravolgere tutto. Dimenticate tutto ciò che sono sempre stati i Mastodon prima d’allora. Dimenticate la genialità, la schizofrenia, l’audacia a cui ci hanno ormai abituati. Dimenticate quella prima, splendida, gemma grezza di Remission; dimenticate, per quanto sia difficile, quell’incredibile capolavoro che risponde al nome di Leviathan; dimenticate la conferma che avevate ottenuto all’ascolto di Blood Mountain. Crack The Skye è qualcosa di nuovo, l’asso nella manica che nessuno si aspettava… un capolavoro, ma che lascia l’amaro in bocca. Andiamo con ordine, si.
I Mastodon nel 2009 sono un gruppo maturo, conscio dei propri mezzi, appoggiati ciecamente da una casa discografica fortissima e da schiere di fans che li adorano. Ma non per questo si sono adagiati sugli allori, riscoprendosi in un sound progressive rock con un forte gusto retrò ma con un’attitudine agile e moderna. Fin dall’opener Oblivion mettono le cose in chiaro: qui non ci sono più le ritmiche serrate e aggressive dei precedenti album, tutto suona più intenso, arioso e magniloquente, senza risultare pacchiano o ostentato. Il songwriting del quartetto di Atlanta ha raggiunto vette inaspettate, svelando infine l’incredibile natura camaleontica di quattro musicisti fuori dal comune, tra melodie ed armonie perfette ed assoli mai eccessivi. Non ci sono sfoggi di tecnica inutili: il gruppo dà l’impressione di essere compatto come non mai, tutti gli strumenti suonano al servizio dell’album in maniera oculata e costantemente ragionata.
Anche le voci sono cambiate: il cantato pulito, naturale, espressivo e denso di emotività, di Hinds, Dailor e Sanders domina tutto l’album; i tre si alternano come mai prima d’ora, dando ulteriormente il senso dell’armonia e della compattezza in un lavoro dalle molteplici sfaccettature. Nei primi tre pezzi (Oblivion, Divinations e Quintessence), più brevi ma carichissimi di pathos, sarete rapiti da armonie inaspettate e ritornelli estremamente accattivanti: poi, sarete presi per mano e accompagnati nella “suite” The Czar, della durata di dieci minuti ma priva di cali di tensione. Sarete svegliati dall’inizio spettacolare di Ghost Of Karelia, vivrete gli ultimi momenti intensi con la title-track, e poi sprofonderete nella seconda composizione lunga, The Last Baron, che chiude l’album con gran classe e senza annoiarvi.
Una volta terminato l’album (che sia la prima, la decima o la ventesima volta che lo ascoltate), sorgeranno in voi un paio di domande. Abbiamo davvero ascoltato un album dei Mastodon in questi cinquanta minuti? La realtà è che, travolti da un album talmente inaspettato, non sappiamo se sentire delusione o entusiasmo. Perché Crack The Skye è un album fantastico, geniale, ma la sensazione è quella di aver perso i Mastodon che amavamo (o odiavamo). Di aver perso il genio creativo che ha composto Leviathan. Ed è solo questo dubbio, questo senso di insoddisfazione di fondo, che ci frena dal considerare eccellente e perfetto quest’album. Preso singolarmente, è un capolavoro senza eguali, come solo questi personaggi potevano comporre. E’ un album mastodontico, un’opera d’arte dalle mille facce che non si lascia vedere nuda, che mantiene questa corazza di mistero in grado di affascinare intensamente l’ascoltatore.
Tormentati dai dubbi, affascinati o forse impauriti da una tale creazione che non riusciamo a comprendere fino in fondo, non ci resta nient’altro da fare: inchiniamoci al Genio e premiamo nuovamente Play. I Mastodon ci hanno fregato anche stavolta.
Voto: 8.5