(I, Voidhanger Records, 2015)
01. From A Frozen Wasteland
02. Hunter Of The Celestial Sea
03. Son Of Phoebus
04. A Ghost In Gleaming Stars
05. Asleep Is The Fire
06. Starlight Oblivion
07. Darker Skies Once Radiant
08. Shards Of Silver Fade
A pochi anni di distanza dall’ottimo Funerals From the Astral Sphere torna a farsi sentire Dis Pater, con I suoi Midnight Odissey. Questa one man band, portabandiera del black metal atmosferico australiano, raggiunge con Shards of Silver Fade l’apice della sua breve ma intensa carriera, composta da due full-length e diversi split.
“From a Frozen Wasteland” apre le danze: la parte a metà fra il cantato e il narrato che introduce la canzone ci dà il benvenuto e ci fa imbarcare per il viaggio. Passaggi cadenzati e malinconici si alternano a sporadiche accelerate, con l’obiettivo di descrivere la malinconia e la disperazione per l’abbandono di un pianeta ormai completamente distrutto. Gli oltre venti minuti dell’opener riassumono alla perfezione il credo dei “Midnight Odissey”: atmosfere decadenti e toni caldi e tristi si susseguono, regalandoci passaggi di vera magia. Probabile highlight dell’album e della discografia intera della band.
I pezzi che seguono (“Hunter of the Celestial Sea”, “Starlight Oblivion” o “Darker Skies Once Radiant”, per citarne solo alcuni) non cambiano le carte in tavola. Pur non raggiungendo le vette emotive di “From a Frozen Wasteland”, le trame intessute da Dis Pater mantengono lo stesso filo conduttore: abbiamo quindi temi cadenzati, malinconici e contemplativi che si alternano con sporadici momenti di controllata furia. Rispetto al passato si registra un maggiore utilizzo della voce pulita, una componente che si presta alla perfezione alla causa dei nostri. Ovviamente non mancano i momenti in scream, ma l’alternanza fra i due stili li fa rendere entrambi al meglio.
Difficile trovare dei termini di paragone per i Midnight Odissey. Seppur sempre ascrivibili al black metal atmosferico, si fa fatica a trovare similitudini con, ad esempio, la glacialità dei Darkspace o l’epicità dei mostri sacri del genere Summoning. Probabilmente, per le corde emotive toccate, come effetto ci si avvicina maggiormente al doom/death tipico di gruppi come Mourning Beloveth o addirittura all’emozionalità dei primi While Heaven Wept. L’unico vero difetto dell’album è rappresentato dalla sua eccessiva lunghezza: in quasi due ore e mezza di musica i momenti di stanca così come i passaggi ripetitivi non mancano. Tuttavia, siamo di fronte a un gran lavoro, che consacra definitivamente i Midnight Odissey, ergendoli a influenza nel genere.
8.0