(NoiseArt Records, 2014)
1. Ma Baker (Boney M)
2. Hymn (Ultravox)
3. Bad Case of Loving You (Robert Palmer)
4. Ohne Krimi geht die Mimi nie ins Bett (Bill Ramsey)
5. Hip to be Square (Huey Lewis and the News)
6. Temple of Love (Sisters of Mercy)
7. Rebel Yell (Billy Idol)
8. Gimme All Your Lovin (ZZ Top)
9. Major Tom (Peter Schilling)
10. Don’t Say Motherfucker (Turbonegro)
11. Big in Japan (Alphaville)
12. When I Come Around (Green Day)
13. Wake Me Up (Aloe Blacc)
I Milking The Goatmachine sono una di quelle band che non necessitano di presentazione. Vale però sempre la pena di ricordare la “biografia” di questo folle ensemble: provenienti dal pianeta Goatborg, Goathfreed e Goathleeb sotto i fumi dell’alcol decidono di fondare un gruppo e diffondere sull’intero pianeta il sacro “verbo del grind”. Il genere venne così ben assimilato che decisero di scendere sulla Terra, ricevendo nel giro di poco tempo un contratto con l’Anstalt Records (sottogruppo della Nuclear Blast) e pubblicando fino ad ora quattro album.
Come già potrebbe suggerire il nome Greatest Hits, l’album non riprende in mano altro che alcuni tra i più famosi brani internazionali, che tutti bene o male hanno cantato almeno una volta. Forse non ricordando. “I’m Ma Baker – put your hands in the air, gimme all your money !”, la prima hit a essere riproposta è “Ma Baker” di Boney M, e quel ritmo costante, l’immancabile pig squeal, il ritornello che rimbomba nella testa la rendono una delle migliori cover dell’album. Incredibile è“Ohne Krimi geht die Mimi nie ins Bett” (Bill Ramsey), mentre risultano trascurabili “Hip to be Square”, “Hymm” e “Bad Case of Loving”. Con “Temple of Love” e “Rebell Yell” (delle quali credo si diano per scontato gli autori) lo stupore iniziale di aver preso un vero e proprio inno del goth ai tempi d’oro (arrangiandolo pure in maniera onerosa) e in seguito una delle canzoni più famose della Londra ribelle degli anni ’90 fa salire notevolmente la simpatia nei confronti dei quattro caprini in questione.
Frank Beard e Billy Gibbons(ZZ Top)penso sarebbero entusiasti nel sentire la loro “Gimme All Your Lovin”, ma neppure il repertorio dance viene trascurato, ripescando “Major Tom” di Peter Schilling e “Big in Japan” degli Alphaville. “Don’t Say Motherfucker” dei Turbonegro, “When I Come Around” e la più recente “Wake Me Up” (Aloe Blacc) chiudono l’album, della durata totale di quaranta minuti nei quali i Milking The Goatmachine rinchiudono un vero e proprio repertorio musicale di trash e dove un giudizio serio inerente al lavoro risulta evanescente come i fiumi di alcol che sono probabilmente serviti per portarlo alla luce.
Un’idea simpatica, senz’altro per ribadire per l’ennesima volta che non serve prender tutto sul serio (a cominciare da se stessi) e che la demenzialità non è sempre sinonimo di inattitudine.
7.0