(Nuclear Blast, 2012)
01. Transcend
02. Valves
03. Junkies On The Storm
04. I’ve Been You
05. Pattern Platform
06. Mnemesis
07. There’s No Tomorrow
08. Haven At The End Of The World
09. Ocean Of Void
10. Blue Desert In A Black Hole
Bonus Track:
11. Empty Planet
C’era una volta il 2000, e c’erano una volta i Mnemic dalla Danimarca. La band, che esordì nel 2003 con Mechanical Spin Phenomena al quale seguì l’anno dopo The Audio Injected Soul (da molti addetti ai lavori definito il loro lavoro migliore), definì nuovi canoni all’interno del calderone metal grazie alla fusione di suoni compatti e d’impatto a derivazioni industriali che portarono la band danese (nel suo piccolo) a reinventare un genere che era arrivato ad un punto morto. La commistione di ritmiche alla Meshuggah e derivazioni melodiche di pezzi come “Door 2.12” e “Deathbox” rese i Mnemic uno dei gruppi più imitati nella prima metà del 2000 gettando le basi per band che avrebbero ripreso la loro lezione, come Sybreed e Sonic Syndacate solo per citarne alcune.
I vari cambi di lineup però hanno destabilizzato il combo di Aalborg, che dopo un paio di dischi sotto la sufficienza arrivano a dare vita nel 2012 a questo Mnemesis licenziato dalla tedesca Nuclear Blast. Degli storici componenti sopravvive solo il chitarrista fondatore Mircea Gabriel Eftemie, abbandonato anche dall’ultimo baluardo che lo aveva accompagnato negli ultimi 10 anni, ovvero il bassista Tomas Obeast Koeford che ha gettato la spugna per cercare fortuna altrove con altri progetti.
Con questi presupposti catastrofici Mnemesis può sembrare un disco morto sin dalla partenza: “Trascend” apre il lotto e la sensazione che si ha sin da subito è quella di una band che nonostante gli anni passati non ha minima intenzione di cambiare o di seguire qualsiasi altra strada che non sia quella del crossover tra metal e industrial, in cui passaggi melodici si alternano frequentemente a momenti più pesanti e tirati come i Mnemic hanno sempre fatto sin dal loro esordio. Segue “Valves”, e troviamo il nuovo innesto dietro le pelli Brian Larsen fare un gran lavoro supportato dal cantante Guillaume Bideu che sembra davvero sugli scudi grazie a un refrain debitore a uno dei loro pezzi più famosi, “Liquid”.
”Junkies of the Storm” è il primo singolo estratto da questo nuovo disco, un singolo che segue le coordinate già descritte in precedenza, senza aggiungere niente di nuovo né al disco in sé, né alla discografia dei Mnemic stessi: la sensazione è quella di una band talmente a suo agio in questo mood che difficilmente lascia intravedere spiragli di cambiamento, della serie “noi siamo questo, che vi piaccia o no”. La domanda è appunto questa: piace o no ? Beh sarebbe ingiusto non citare la produzione di questo disco, che crea un sound claustrofobico quanto basta per rendere la proposta dei nostri comunque convincente. Soprattutto le melodie in questo album sono più che mai curate nei minimi particolari, ma questo non basta alla band per fare il cosiddetto salto di qualità, anche se effettivamente segnali reali di una volontà in questo senso non ve ne sono.
Concludendo possiamo dire che i nostri hanno dato alla luce un nuovo e convincente capitolo della loro storia ormai quasi decennale, un capitolo che riprende ma non re interpreta più di tanto quanto già fatto sentire in maniera massiccia con i precedenti lavori; se siete orfani di questo sound che nei primi anni del nuovo millennio rese famose band come Threat Signal, Dagoba e Raunchy, questo Mnemesis e i suoi tre quarti d’ora faranno al caso vostro.
6.0