(Century Media Records, 2012)
1. Circumspect
2. Errors in the Signals
3. Everyday Pox
4. Protection Racket
5. The Wolf I Feed
6. Quarantined
7. Fall on Their Swords
8. Collision Course
9. Orders of Magnitude
10. Think Tank Trials
11. Blank Look About Face
12. Leper Colony
13. Nom de Guerre
14. Analysis Paralysis
15. Opposites Repellent
16. A Gag Reflex
17. Everything In Mono (bonus track)
18. Aim Without An Aim (bonus track)
L’attesa è finita! I Napalm Death dopo tre anni dal validissimo Time Waits For No Slaves firmano il loro ennesimo lavoro, il quarto per l’esattezza dall’inizio della loro fortunata collaborazione con Century Media Records, che è stata capace di prognosticare, anche grazie ad un’esperienza nel settore assolutamente indiscutibile, l’inizio di questa loro improbabile terza era; improbabile poiché, a detta di moltissimi, la band era ormai diventata uno dei tanti dinosauri fatti restare in vita dall’ennesimo produttore burattinaio col solo intento di sfruttare un nome che comunque non poteva non destare le attenzioni dei molti (e quindi vendere) ma al tempo stesso, mal celando una sempre più palese crisi di idee riscontrata anche dai membri stessi della band in recenti interviste.
L’album segue in tutto e per tutto le tematiche dei suoi predecessori, ossia liriche esclusivamente incentrate sulla lotta di classe, l’etica utilitaristica minata da un sempre più persistente capitalismo mediatico e un’informazione schierata sempre più vicina all’essere chiamata persuasione. Tutte tematiche molto care al carismatico singer Mark “Barney” Greenway che, tolto il suo spiccato senso sociale, riesce a mostrare anche il suo lato più prettamente artistico in modo fiero e convincente, facendo valere le sue tonnellate di esperienza sul campo e barcamenandosi abilmente tra linee vocali di matrice grindcore e i suoi peculiari growl di scuola più squisitamente death metal, come nel singolo “Analysis Paralysis”.
Musicalmente parlando le canzoni non possono che essere state scritte sulla scia dell’album precedente, Time Waits For No Slaves, il quale pur essendo distante anni luce dal lontanissimo passato hardcore punk (o fast grindcore secondo i più pignoli) a detta del chitarrista Mitch Harris rappresenta uno dei passi più importanti della propria carriera artistica perché in grado di creare quel tanto sognato sound ibrido che in sé racchiude decenni di onorata carriera.
E’ un autentico piacere per i padiglioni auricolari poter ancora udire riff thrash come quelli di “Protection Racket” o “Collision Course”, nonché l’alternarsi tra il growl di Barney e lo scream straziato di Harris, capaci ancora di tanta sana incazzatura vocale come in “The Wolf I Feed” (per quanto al suo interno siano presenti trascurabili cleaning vocals). Non potevano mancare poi, come da tradizione, autentiche sfuriate grindcore come “Fall On Their Swords” dove sono presenti addirittura dei cori quasi gregoriani o “Nom De Guerre” che vanta, più che un attacco vocale, un’autentica picconata sugli incisivi di Godzilla. In ultimis non poteva mancare un elogio particolare alla prestigiosa special platinum guest John Zorn che nella bellissima “Everyday Pox” riesce col suo saxofono ad intelaiare anche solo per pochi secondi un’atmosfera particolarmente inquietante e disturbata.
Niente da dire, da un po’ di album a questa parte i Napalm Death stanno abituando particolarmente bene i propri assidui fan e lo fanno in maniera astuta ma anche inedita inserendo nel loro sound elementi atipici come atmosfere cupe e claustrofobiche piuttosto che la solita tendenza alla distruzione sonica totale e l’album Utilitarian non può che rappresentare un altro fortunato esempio per questa tendenza.
7.5